Ha giurato, roseo e tondo, in vestito nero camicia bianca cravatta grigia. Poi è corso a controllare la lista dei sottosegretari della Margherita. Dopo la bella Melandri e il poco noto Paolo Ferrero, Beppe Fioroni è – con il troppo noto Pecoraro Scanio – il ministro più giovane: 47 anni. Ma è un finto giovane. Un giovane vecchio; e non solo perché la mole gli conferisce qualche anno in più, oltre che una naturale simpatia, espressa anche dagli occhi mobilissimi da serpentario. Beppe Fioroni significa Dc, Prima Repubblica (non per appartenenza ma per scelta), Andreotti, Marini, cardinali. […] Certo non è il più adatto a rappresentare la giovane Italia; in fondo è vecchiotto pure il criterio con cui è arrivato – lui, un medico – alla Pubblica Istruzione. Che potrebbe essere un po’ meno Pubblica. Intervistato da Laura Cesaretti del Giornale , un mese fa Fioroni tratteggiava «una visione integrata del sistema scolastico, che garantisca pluralità e pari opportunità e doveri a scuola pubblica e privata». La legge sulla fecondazione assistita? «Prima di cambiarla va sperimentata a fondo. E in ogni caso va rispettato quel 76% che al referendum non è andato a votare». La legge sull’aborto? «Sì a un’indagine conoscitiva e sostegno economico alle madri che non vogliono abortire». I Pacs? «In Italia non ci saranno. Non serve un para-matrimonio. Ho due amiche lesbiche splendide, e sono le prime a dire che dei Pacs se ne fregano». Il testamento biologico? «Mai e poi mai sarà legalizzato un atto con cui si definisca la qualità della vita che merita di essere vissuta». Il divorzio breve? «Un Paese dove per sciogliere un matrimonio occorre meno tempo che per sciogliere un contratto d’affitto non è un Paese civile». La Rosa nel Pugno? «Ha la testa girata all’indietro, non guarda al futuro ma all’800». È il ritorno all’Istruzione di un cattolico militante, a bilanciare la diessina Turco – peraltro cattolica – alla Sanità; dove sarebbe forse dovuto andare lui, angiologo, ricercatore al Gemelli e direttore-ombra del pronto soccorso parlamentare: se qualcuno tra i colleghi o i giornalisti politici (con cui ha ottimi rapporti) si sente poco bene, Fioroni ha sempre una parola tranquillizzante e una pasticca giusta. Con cardinali, vescovi, preti semplici Fioroni ha consuetudine fin da ragazzo. Capo-scout, dirigente dell’Agesci, iscritto alla gioventù democristiana, è cresciuto con Andreotti ed è diventato uomo con Marini (pur lavorando per il secondo contro il primo al Senato, ha comunque ribadito la sua stima per il Divo Giulio). Ha elogiato Marcello Pera quando annunciò l’astensione al referendum sulla fecondazione assistita («Ma diamoci una regolata! I vescovi non possono parlare in quanto vescovi, Pera deve stare zitto… di questo passo chi più potrà parlare?»). È amico della neosenatrice Binetti, la ruiniana di «Scienza e Vita», e in polemica con Rosy Bindi ha difeso la sua lettera aperta ai cattolici invitati a votare Unione senza temere per l’ortodossia. Tutto questo gli ha provocato nemici nel centrosinistra («Fioroni è un’integralista premiato per la sua militanza» scriveva ieri la Velina rossa del giornalista dalemiano – quasi un ossimoro – Pasquale Laurito), e amici nel centrodestra: così Michele Bonatesta di An comunica che «nonostante la battaglia politica ci abbia visto in schieramenti opposti, vi è sempre stata con Fioroni unità sui valori di fondo, dalla vita alla famiglia alla libertà di scelta educativa» (Giuseppe Valditara, che di An è responsabile per la scuola, lo stima meno: «Fioroni all’Istruzione è un esempio di vergognosa spartizione per motivazioni meramente di lottizzazione partitica»). […] Quando però è ricevuto da Camillo Ruini, si ricompone. All’inizio accompagnava Marini (ad esempio quando nel ’99 in Laterano i capi del Ppi affrontarono per la prima volta il nodo della fecondazione assistita), ora è lui a portare dal cardinale gli amici di partito. Non del partito democratico; per quello si vedrà. Fioroni non vi si opporrà mai; si limiterà ad additarlo come approdo. C’è tempo. Tanto lui è il più giovane, e può aspettare.
Il testo integrale dell’articolo di Aldo Cazzullo è stato pubblicato sul sito del Corriere della Sera