«Per la prima volta, finalmente l’Italia ha un ministro per la Famiglia. Dovrò ascoltare la Chiesa, ma anche tenere conto dei mutamenti della società, delle tante forme di famiglia. Si tratta di trovare una sintesi tra i miei valori di cattolica e il rispetto per le idee e le inclinazioni diverse». Nella sua prima intervista da ministro, Rosy Bindi apre sulle unioni civili («Non è possibile relegarne la tutela nella sola sfera del diritto privato») e sulla fecondazione assistita («Sbaglia sia chi dice che la legge non va toccata sia chi dice che va stravolta»). […] «Al di là del numero, su cui, come dice Prodi, non accettiamo lezioni dalla destra, visto che 6 è più di 2, stavolta c’era la possibilità di assegnare qualche ministero più importante a una donna. Esiste una questione di potere: ancora una volta, il potere non va alle donne. Non c’è stato il coraggio di mandare una donna nella sfera di potere riservata agli uomini, dove mi sarebbe piaciuto vedere al lavoro una di noi, come accade in altri Paesi». […] -A lei. Che cosa farà da ministro della Famiglia? R:«È un ministero da inventare. L’Italia non ha mai avuto un’organica politica della famiglia; è tempo di dargliela. Il tema ne incrocia molti altri: il fisco, i servizi sociali, il lavoro. Siamo il Paese al mondo con più anziani e meno bambini. Il mio obiettivo è aiutare i tre milioni di anziani non autosufficienti, e far sì che tutte le coppie possano avere tutti i figli che desiderano». -Anche facilitando le adozioni e la fecondazione assistita? R:«È fondamentale che nessuna coppia sia costretta a rinunciare a un figlio perché non ha i mezzi per crescerlo. Detto questo, le adozioni sono uno dei campi in cui l’Italia deve diventare un po’ più europea. La legge sulla fecondazione va affidata al Parlamento. Sbaglia sia chi dice che non va toccata, sia chi dice che va stravolta. Un anno fa prevalse l’astensione; ma gli astensionisti sostennero tra l’altro che non poteva essere un referendum a sciogliere il nodo. Mancarono allora una riflessione e una discussione che adesso sono necessarie». […] -Diritti delle persone, da regolare nella sfera del diritto privato, come sostiene ad esempio Rutelli? O le unioni civili potranno avere un riconoscimento pubblico? R:«A me pare che non sia possibile né giusto separare rigidamente le due sfere, quando si parla di diritti delle persone. Dov’è il confine tra privato e pubblico? Se c’è una norma che si applica a due persone, anche i terzi sono tenuti a rispettarla. Vedremo. Ne discuteremo. Dovremo evitare uno scontro ideologico». […] -Esiste un’ingerenza eccessiva della Chiesa nella politica? «La Chiesa non può non dire quello che pensa. Ma la politica non può non assumersi la responsabilità delle mediazioni e delle scelte. Non dovremmo preoccuparci per le parole dei vescovi, ma eventualmente per il nostro silenzio». -Da destra le contestano di fare il ministro della Famiglia senza essere moglie né mamma. Avvenire la difende. R:«È una questione che anch’io pongo a me stessa. L’ho anche detto, a Prodi e a Rutelli. Ma forse il mio profilo mi consente di capire le ragioni di tutti, e le tante forme di famiglia. Al Senato, Lidia Menapace mi invita a badare anche alle patologie familiari. Ha ragione: la famiglia può essere il luogo degli affetti più grandi, ma anche dei soprusi e dei delitti più atroci». […]
L’intervista completa è raggiungibile sul sito del Corriere della Sera