Mancuso (Arcigay): «Dobbiamo chiamarci fuori dalla Chiesa cattolica»

È la rottura. “Dobbiamo chiamarci fuori dalla Chiesa Cattolica. Ci costringono i continui insulti alla nostra dignità. Moltissimi laici e prelati non condividono gli anatemi di Ratzinger e Ruini, ma nessuna posizione differente può essere difesa, pena la riduzione al silenzio”. Aurelio Mancuso segretario di Arcigay, la più grande associazione italiana degli omosex, dice basta e in un comunicato accusa la Chiesa di essere diventata “un partito politico omofobico”. Credente, più volte dall’elezione di Ratzinger in poi ha sottolineato l’estrema difficoltà di rapportarsi alle gerarchie vaticane da parte dei gay che hanno fede, nonché di tutti gli omosessuali che vivono alla luce del sole il loro amore, di recente bollato dal Papa come “amore debole”. Si potrebbe dire: la Chiesa fa il suo dovere, ai vescovi spetta il compito di affermare il suo dettato. Ma non si scorge la necessità di una ossessiva insistenza sulla questione omosessuale né le ragioni di additare le unioni gay come lesive della famiglia. […] La Chiesa, secondo Mancuso, sarebbe un partito omofobico. In che senso? “Si è passati dal piano teorico che praticare l’omosessualità fosse un disordine, al condannare senza appello l’omosessualità in quanto nemica di un supposto, e fantasioso, ordine naturale. Già la prima affermazione era grave, la seconda è un manifesto politico. Ne discende la necessità di opporsi e di diventare parte attiva di un’idea da contrapporre al relativismo e al laicismo”. C’è anche da parte delle gerarchie una contrapposizione tra omosessuali e gay, come se i secondi, individuati come coloro che vanno a testa alta e chiedono allo Stato diritti per le loro unioni, fossero il Male. “È una Chiesa nemica, protagonista della più vasta campagna contro i diritti delle persone omosessuali, e merita la nostra lontananza. Siamo certi che sempre più fratelli e sorelle nella fede sceglieranno di non essere più complici di un’istituzione che si dice cattolica, ma che d’universale ha ormai solamente il tentativo di poter ritornare a dominare sul corpo e sulla sessualità, soprattutto delle donne, dei gay e delle lesbiche”. Chiamarsi fuori è un atto estremo e difensivo, ma non solo. C’è un timore dietro questa posizione, ma anche una nuova strategia. “Temo una Chiesa sempre più impaurita dalla modernità e dall’autodeterminazione dei corpi. Alla paura Ratzinger risponde strumentalizzando. Provo pena verso una gerarchia che cerca disperatamente di frenare la crisi valoriale e spirituale con precetti risibili e goffi”. Quali i prossimi passi? “C’è un forte conformismo, generato anche dalla capacità dei gerontocrati vaticani di influenzare la politica e i poteri forti – conclude Mancuso -. Ma il messaggio sta già passando nelle reti, tra le persone: bisogna far rivivere una nuova e attualizzata teologia della liberazione”.
L’articolo di Delia Vaccarello, pubblicato sull’Unità, è stato ripreso sul sito di Gay.TV
Il sito Gay.tv integra la notizia linkando alle istruzioni per lo “sbattezzo” presenti sul sito UAAR. L’UAAR ringrazia sia Aurelio Mancuso per il coraggio delle sue parole, sia Gay.tv per aver suggerito alle lesbiche e ai gay italiani come allontanarsi dalla Chiesa cattolica.

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