La motivazione con cui il tribunale del riesame di Catanzaro, il 15 maggio scorso, ha accolto il ricorso dei difensori di padre Fedele che chiedevano la revoca dell’ordinanza di custodia cautelare, rappresenta infatti un duro colpo per l’accusa. «Le dichiarazioni di suora Tania, la religiosa che ha riferito di avere subito violenze sessuali ad opera di padre Fedele Bisceglia – recita il dispositivo depositato ieri dal giudici della libertà – non presentano quella precisione, costanza e coerenza logica necessarie per assumere, sia pure a livello meramente indiziario, dignità di prova». Secondo il riesame le dichiarazioni della suora «necessitano di un più rigoroso ed approfondito vaglio apparendo, allo stato degli atti, equivoche e di per sé inidonee a fondare, autonomamente, un giudizio di gravità indiziaria per i delitti contestati». In particolare i giudici esprimono un giudizio di inattendibilità nei confronti della suora sottolineando le contraddizioni che caratterizzano le sue dichiarazioni e la «presenza di elementi di non univoca interpretazione». «L’esigenza di una più rigorosa valutazione della credibilità della dichiarante – si legge nella motivazione – risulta avvalorata dall’assenza, allo stato degli atti, di riscontri oggettivi rispetto alle ipotesi di reato contestate, non potendosi ritenere tali gli elementi indicati dal pubblico ministero e dal gip e compendiati, essenzialmente, nelle dichiarazioni rese da altre suore dell’Oasi francescana». […] Non è provato infine – sempre secondo i giudici della libertà -, che padre Fedele sia stato l’ideatore ed il mandante dei messaggi intimidatori ricevuti da suor Tania, attraverso alcuni sms sul suo cellulare, dopo che aveva denunciato le presunte violenze sessuali subite da padre Fedele. «Tale assunto infatti – spiegano i giudici – appare inverosimile, oltre che incompatibile, con il complesso delle evidenziate risultanze investigative, ed in particolare col fatto che padre Fedele non era a conoscenza della nuova utenza telefonica in uso alla religiosa». […]
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Usano parole dure i difensori di padre Fedele. Parlano di «vergogna», «persecuzione», addirittura «stupro» (ma non quello che padre Fedele avrebbe consumato nei confronti della suora che l’accusa, bensì quello consumato dalla «giustizia» nei riguardi del loro cliente). […] I giudici del Tribunale per il riesame di Catanzaro si rifanno alla decisione con la quale nel marzo scorso era stata revocata la misura cautelare emessa per Antonio Gaudio, segretario del religioso ed accusato anch’egli di violenza sessuale ai danni di suor Tania. «Se – fanno notare gli avvocati -, come aveva già sancito il Tribunale del riesame, la suora che ha denunciato padre Fedele non era credibile rispetto alle accuse mosse ad Antonio Gaudio, era evidente che la monaca avesse detto il falso anche riguardo ai presunti stupri subiti ad opera di padre Fedele».
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