«Quando invita a tener conto da un lato delle circostanze in cui i cristiani hanno commesso i peccati nel passato e dall’altro a considerare assieme al male anche il bene compiuto, Benedetto XVI cade in una delle forme più radicali di relativismo». Carlo Augusto Viano, professore emerito di storia della filosofia all’università di Torino, autore tra l’altro del recente «Laici in ginocchio», il pamphlet uscito da Laterza in cui denuncia la debolezza del mondo laico davanti all’aggressività del tradizionalismo cattolico, non esita a giudicare le parole pronunciate dal papa a Varsavia come «una correzione rispetto alla linea della richiesta di perdono voluta da Giovanni Paolo II».
Perché, professore, lei ribalta su papa Ratzinger l’accusa di relativismo rivolta solitamente dai cattolici ai laici?
«Faccio un esempio facile: io mi ritengo un relativista moderato nel campo della morale sessuale, perché non considero la famiglia come l’unico ambito possibile di rapporti. Ma se dico: sono contrario all’omicidio ma comprendo le ragioni di chi ha ucciso, attuo una forma estrema di relativismo». […]
Oltre che nel giudizio sulla storia del Novecento, ritiene che la correzione di rotta impressa da papa Ratzinger riguardi anche altri «mea culpa» voluti da Wojtyla nel Giubileo del 2000?
«Credo che la differenza con il predecessore emerga sul tema della libertà religiosa e quindi dell’Inquisizione. In questo Ratzinger non è solitario, perché la cultura cattolica, con il sostegno di studiosi come Paolo Prodi, sta rivalutando l’Inquisizione, tribunale “umano” che si occupava dell’anima degli imputati e che viene contrapposto alla durezza dei tribunali moderni, concentrati sul diritto ma poco attenti alla comprensione della personalità del reo». […]
Una delle richieste di perdono del Giubileo riguardava le Crociate, tema che dal Medioevo ci porta all’oggi e al dialogo con il mondo islamico.
«Mentre la preoccupazione di Wojtyla era di rivendicare la libertà religiosa nei Paesi dittatoriali dell’Est, Ratzinger si muove in un clima in cui le religioni dividono i popoli, sono strumento di mobilitazione più che di dialogo. Se nel Novecento i popoli arabi aderivano alle grandi ideologie, adesso si identificano con l’Islam. Parallelamente anche in Occidente la religione ha preso il posto delle ideologie: la solidarietà comunitaria che esprime valori conta più dell’individuo in grado di fare liberamente le proprie scelte. Ciò mi porta a concludere da laico che le religioni interpretate in questo senso sono pericolose quanto le ideologie».
Il testo integrale dell’intervista di Dino Messina a Carlo Augusto Viano è stata pubblicata sul sito del Corriere della Sera