Quella del Papa ad Auschwitz era una visita molto attesa, non solo per i cristiani. Anche per il mondo ebraico, che si aspettava parole forti e decise di condanna dell’Olocausto. Ma che, dai commenti del giorno dopo, sembra rimasto deluso. “È stata un’analisi riduttiva del nazismo – ha commentato Claudio Morpurgo, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche – non fu solo opera di Hitler e dei suoi”. Nel suo discorso, il Papa ha voluto operare una distinzione tra la Germania e i criminali che si servirono del popolo tedesco per compiere il male: solo questi sono da condannare. Morpurgo ha espresso la sua “perplessità” nei confronti di quest’analisi: “È preoccupante la riduzione della responsabilità del popolo tedesco. Sarebbe stato importante attribuire un’accezione più complessiva al silenzio dell’uomo per costruire un domani in cui certe pagine non possano ripetersi”. […] Gli fa eco il rabbino Giuseppe Laras, docente di Filosofia ebraica alla statale di Milano: “Se si fa di Auschwitz un problema teologico, si rischia di distogliere l’attenzione su ciò che è accaduto: il problema sono gli uomini, la loro responsabilità; semmai la questione è l’uso malvagio che l’uomo ha fatto della sua libertà rinnegando Dio”. L’ultima questione non riguarda qualcosa di detto, ma di taciuto. Il Papa non ha mai pronunciato la parola “antisemitismo”. “Forse avrebbe dovuto soffermarsi con più chiarezza sul carattere particolare della Shoah”, ha aggiunto Morpurgo che, comunque, ha riconosciuto il forte “valore simbolico” della visita del Papa al campo di concentramento nazista.
Fonte: TGCom