Un rappresentante della lista «Roma per Veltroni» che passa la mattinata a cercare di tirar giù dalle pareti di un seggio dell’Esquilino i crocifissi, salvo poi «scusarsi» e scomparire nel nulla dopo l’intervento dei preoccupati coordinatori della lista civica del sindaco uscente. […] Esordio vivace e ricco di polemiche nella capitale per la «due giorni» che eleggerà il nuovo sindaco di Roma e i presidenti dei 19 municipi cittadini. Si comincia di prima mattina, quando in via Bixio – all’Esquilino, la «Chinatown» romana – all’apertura dei seggi scoppia una polemica. C’è il rappresentante di lista di «Roma per Veltroni», Enrico Modigliani, che in un impeto di irrefrenabile laicità comincia a girare per i seggi allestiti nella scuola chiedendo ai presidenti di togliere dal muro il crocifisso.
«Di fronte al rifiuto o alle domande dei presidenti – racconta uno scrutatore – ha mostrato testi di sentenze stampate da internet. I rappresentanti delle altre liste erano perplessi, qualche elettore si è anche lamentato. In una sezione, la 11, il presidente ha resistito, senza obiettare nel merito, ma limitandosi a dire che non era competenza del personale di seggio modificare l’arredamento. Modigliani ha fatto mettere a verbale che si trattava di un “simbolo identificativo elettorale” che non poteva essere lasciato all’interno del seggio». La notizia comincia a circolare e fa rumore. Il sindaco in campagna elettorale ha rastrellato alleati ovunque, ci sono pure i «Moderati per Veltroni» a sostenerlo: quasi tutti transfughi della Cdl, guidati da Alberto Michelini, che con la sua decennale appartenza all’Opus dei proprio mangiapreti non è. Lo stesso primo cittadino non disdegna frequentazioni vaticane, tanto da essersi fatto insegnare un po’ di bavarese per impressionare Benedetto XVI alla prima udienza con il nuovo pontefice. Poi un consigliere comunale uscente di An, Marco Marsilio, detta alle agenzie un velenoso comunicato, stigmatizzando un’azione «vergognosa» e il «fondamentalismo laico» che «alligna a sinistra anche in quelle forze che si dicono moderate», e la «mossa» del rappresentante di lista comincia a somigliare a un clamoroso autogol. Una delegazione della lista Veltroni accorre per risolvere il nascente incidente diplomatico. Risultato, nell’imbarazzato silenzio «ufficiale» del centrosinistra, il laicissimo rappresentante veltroniano corregge il tiro. E, obtorto collo, chiede scusa: «Mi rendo conto che questo può essere interpretato come un esasperato fondamentalismo laico che può urtare le sensibilità e le coscienze di molti cattolici. Non era questa la mia intenzione. Mi scuso se questo piccolo episodio ha suscitato polemiche e, proprio per evitare strumentalizzazioni politiche, ritengo sia giusto ritirare le riserve espresse». Per Giorgia Meloni, vicepresidente della Camera e presidente di Azione giovani, le scuse «non bastano di fronte al silenzio assordante dei partiti del centrosinistra». «Vorremmo sapere cosa pensano i cattolici dell’Unione – spiega la giovane parlamentare di An – di questo accanimento nei confronti dei simboli della Cristianità che riaffiora prepotentemente nonostante tutte le belle parole e le dichiarazioni di intenti pronunciate in campagna elettorale».[…]
Fonte: IlGiornale.it
Il Circolo Uaar di Roma ha emesso un comunicato sul caso dei dei crocifissi al seggio 11 di Via Bixio.
Premesso che con il Concordato del 1984 la religione cattolica non è più religione di stato, esistono ben due sentenze circa la non compatibilità del crocifisso nei seggi elettorali : la sentenza della Corte di cassazione n° 439 del 1 marzo 2000 ed il pronunciamento della Corte di Appello di Perugia dello scorso 10 aprile 2006, in quest’ultima in particolare è riportato il passaggio in cui si sostiene «l’opportunità che la sala destinata alle elezioni sia uno spazio assolutamente neutrale, privo quindi di simboli che possano, in qualsiasi modo, anche indirettamente e/o involontariamente, creare suggestioni o influenzare l’elettore».
A fronte di ciò, qualsiasi cittadino (indipendentemente dalle proprie convinzoni religiose e dalle proprie funzioni) in un luogo pubblico ha il pieno diritto (se non anche il dovere) di richiedere che vengano rispettati i principi costituzionali vigenti nella Repubblica Italiana a tutela del principio fondamentale di laicità dello stato, e di conseguenza che nei seggi elettorali sia rispettata la neutralità dello stato senza che questo possa essere interpretato come offesa alla religione o (ancor più fantasioso) all’identità nazionale.
In particolare è opportuno sottolineare che non si può intendere la laicità come opposto della religione, ma come opposto del confessionalismo, in quanto la religione è una scelta individuale, mentre la laicità è un atteggiamento che ciascun cittadino (indipendentemente dalla sua personale fede) e lo stesso stato (indipendentemente dalla religione di maggioranza) sanno assumere nei confronti di tutti senza imporre simboli, usi o rituali di uno o più tra i 684 culti censiti al mondo.
Il fronte confessionalista (trasversale, ma molto forte nella destra italiana) ha costruito un “proprio personale e soggettivo concetto di laicità” che è mirato a conservare i privilegi di un’unica religione e ad imporne gli schemi a tutto il paese.
Pertanto le esternazioni che parlano di un non ben definito “fondamentalismo laico” o di “rischio per l’identità nazionale oltre che religiosa” sono slogan costruiti ad hoc dal fronte confessionalista al fine di delegittimare la naturale applicazione di quel principio di laicità dello stato che è alla base della nostra Repubblica.
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Francesco Saverio Paoletti
Coordinatore del circolo UAAR di Roma – roma@uaar.it