Nuovo attacco degli islamici a Mogadiscio

Prosegue inarrestabile l’avanzata delle forze guidate dagli integralisti islamici a Mogadiscio. Mercoledì all’alba, dopo un paio di giorni di tregua, i miliziani legati alle corti religiose hanno attaccato e travolto le forze di Botan Issa Alin nel quartiere di Hurua (ironia della sorte il suo nome vuol dire “inaccessibile” perché Siad Barre, durante la guerra civile nel 1991, non fu mai in grado di conquistarlo), dove sorgeva il vecchio pastificio e dove i caschi blu italiani combatterono una sanguinosa battaglia il 2 luglio 1993. Botan Issa Alin è uno dei signori della guerra che partecipano all’Alleanza per la Restaurazione della Pace e Contro il Terrorismo ma che è anche ministro del Governo Federale di Transizione (Tfg) incaricato del disarmo delle fazioni. Una ventina di miliziani, da entrambe le parti, sono morti e una trentina feriti. Come al solito è stato ucciso anche qualche civile. […] I fondamentalisti hanno adoperato il vecchio trucco del cavallo di Troia (utilizzato, per altro, qualche giorno fa, come ha rivelato il giornalista Mustafà Hadji di Radio Shabelle, per catturare una posizione nell’area di Gal Galato). Al posto di blocco tenuto dagli uomini di Botan è arrivato un camion carico di derrate alimentari. Le guardie hanno aperto la strada ma, nel momento il cui il veicolo è passato, dal pianale di carico sono spuntati almeno trenta miliziani rivali che hanno aperto il fuoco. […] Lì alla periferia della capitale c’era il mercato degli animali e un posto di blocco dell’Alleanza, caduto anch’esso nelle mani degli islamici. È quella una zona molto sensibile della capitale somala. Lì si sono formati i primi nuclei fondamentalisti già dagli anni ’90 e vivono gli stranieri, afgani, arabi e pachistani che pregano nella moschea di Al Idayha, nell’area di Wahara’Adde. A Balad si sono concentrate le forze di un altro leader dell’Alleanza anti islamica, Mohammed Dehere (il comandante che controlla Johar), che nelle prossime ore dovrebbero investire la capitale. Ora ai signori della guerra, che ricevono consistenti aiuti finanziari dagli americani, restano poche zone della capitale: l’aeroporto di Daynile (però non si può usare perché sotto tiro), nelle mani del capo murursade Qanyare Afrah; la zona nord verso il mare, controllata da Mussa Sudi Yalaow (abgal daud, l’uomo che qualche anno fa dichiarò al Corriere della Sera: “Voglio essere il primo presidente analfabeta del mondo”); l’aeroporto di Gesira a sud della capitale (lì comanda Omar Finish, stesso clan di Mussa Sudi) e qualche sacca all’interno della città. Tra l’altro le milizie di Mussa Sudi hanno occupato l’ospedale di Keysaney, gestito dalla Croce Rossa Somala sotto gli auspici e i finanziamenti della Croce Rossa Internazionale. Pascal Hundt, il capo della delegazione della Croce Rossa Internazionale per la Somalia ieri era assai preoccupato per la sorte dei feriti che continuano ad arrivare al centro: «Se ci attaccano sarà un massacro – ha dichiarato al Corriere – . Spero che le pressioni internazionali inducano Mussa Sudi a ritirarsi”. […]
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