Ricerca sugli embrioni, Prodi richiama Mussi

Romano Prodi non ha gradito. Anzi, sulle prime «si è arrabbiato di brutto», ha alzato il telefono e ha comunicato al ministro Fabio Mussi, con toni pacati ma perentori, tutto il suo disappunto per l’esternazione a favore della ricerca scientifica sulle cellule staminali ricavate dagli embrioni sovrannumerari. Il fatto che il ministro abbia parlato a titolo personale, precisando di «voler comunque rispettare la legge 40 in vigore», non ha attenuato il disappunto del premier, tra l’altro sempre più irritato per le continue e disordinate escursioni verbali di alcuni componenti dell’esecutivo. L’irritazione prodiana non nasce solo dal polverone scatenato da Mussi e solo in parte ricomposto dall’intervento alla Camera del vicepremier Rutelli, con il quale il Professore «è in perfetta assonanza sul tema». Nasce, piuttosto, da una totale divergenza di vedute con quanto affermato dal ministro per l’Università e la ricerca. A differenza di Mussi e di larghi settori della coalizione, a cominciare dalla Bonino, Prodi «è contrario alla ricerca sugli embrioni». L’ha detto chiaramente, non più tardi di un mese fa, in un’intervista alla rivista Le Scienze. Affermò l’allora candidato premier: «Nel caso particolare degli embrioni sovrannumerari crioconservati, siamo contrari al loro utilizzo allo stato attuale della conoscenza scientifica: se l’embrione umano ha, come penso, un valore soggettivo, è difficile immaginare la sua strumentalità». Materia ad alta infiammabilità politica. Prodi, che l’anno scorso non raccolse gli appelli astensionistici della Chiesa e andò a votare al referendum sulla fecondazione assistita, fissa alcuni paletti nell’intervista. Si dice «certamente favorevole» alla ricerca e all’utilizzo di cellule staminali adulte, «e quindi senza interventi su embrioni». E nettamente contrario invece alla clonazione umana. Nel caso degli embrioni crioconservati, aggiunge: «Non è in questione la libertà di ricerca, bensì l’incertezza sullo stato degli embrioni dopo un certo periodo di conservazione». […]
Fonte: Corriere.it

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