Per il modo in cui è maturata, la decisione del ministro Mussi di ritirare l’appoggio italiano alla dichiarazione etica europea sulla ricerca si presta ad alcune ulteriori considerazioni di diritto costituzionale. Che si tratti di una questione di “tono costituzionale” – e per nulla di una decisione di semplice buon senso, come invece ritiene con improvvido candore il segretario dei Ds – dovrebbe essere evidente dai valori in gioco. La libertà di ricerca, infatti, trova in Costituzione una garanzia forte, ma che si deve misurare con altri beni costituzionalmente protetti quando da “teorica” diventa “applicata”. In questa seconda prospettiva – come accade nel caso della ricerca sperimentale su embrioni umani, che comporta la distruzione degli stessi – essa entra in urto con il bene costituzionale della “dignità umana”, che la nostra Costituzione individua come limite alla libertà di iniziativa economica (art. 41), e che si estende alla ricerca scientifica applicata, che fra l’altro è spesso una forma di attività d’impresa. […] E non è certo la prima volta che su una singola decisione manca del tutto il coordinamento tra il ministro di volta in volta presente a Bruxelles e i suoi colleghi di governo. Ma un’obiezione che facesse leva su questo argomento sarebbe puerile: l’esigenza di coordinamento, che certo sussiste sempre, è ben maggiore quando si è di fronte ad una decisione politicamente controversa. E ancor più quando la posizione assunta dal ministro contrasta nettamente con l’orientamento della legge del suo Paese, oltretutto confermata meno di un anno fa – attraverso l’astensione – in un referendum popolare. Siamo dunque davanti ad un grave atto di scorrettezza costituzionale […] Prodi avrebbe espresso disappunto per l’iniziativa estemporanea del ministro Mussi; e non meno eloquente sembra la successione di parole e di silenzi da parte del vicepresidente Rutelli nel suo intervento alla Camera. Tuttavia è difficile credere che si tratterà di un caso isolato ed è probabile che la decisione di Mussi farà precedente. Se nella scorsa legislatura il rischio corso dal nostro sistema di governo era quello di una presidenza del Consiglio “imperiale”, con gli altri membri del governo ridotti a comprimari, oggi vi è il rischio opposto: quello del ministerialismo […]
Fonte: Avvenire.it