Per cogliere quello che forse è il significato più profondo del discorso pronunciato dal Papa ad Auschwitz credo che occorra chiedersi innanzitutto quale effetto può aver prodotto, e potrà ancora produrre nel più prossimo futuro, sull’orgoglio musulmano. Non soltanto su quello dei più fanatici rappresentanti e seguaci dell’Islam radicale e terrorista ma sull’orgoglio di tutti, indistintamente, i musulmani. Ebbene, questo effetto non può essere che uno shock. Giacché a ogni musulmano, anche al più tollerante e ragionevole, […] le due principali notizie lanciate dal Papa in quel discorso non possono sembrare che bestemmie. La prima di queste notizie è la vigorosa, veemente, vibrante riaffermazione della continuità del messaggio giudaico-cristiano. Il cristianesimo è figlio del giudaismo. Il giudaismo è padre del cristianesimo. La cristianità è germogliata dalla terra promessa di Israele. […] Queste sono naturalmente semplici ovvietà, inoppugnabili evidenze storiche, ma nel momento stesso in cui il capo della chiesa di Roma ha creduto opportuno riaffermarle con vigore ad Auschwitz hanno di colpo acquistato la forza di una rivelazione inaudita. E una forza ancor più inaudita hanno acquistato quando, dopo aver ricordato che in quel luogo, insieme ai milioni di innocenti che vi furono uccisi, fu assassinato anche Dio, ha denunciato quel nuovo deicidio che il terrorismo islamista commette oggi ogni giorno mediante «l’abuso del nome di Dio per giustificare una violenza cieca». La seconda notizia è quella racchiusa nelle parole con cui Papa Ratzinger ha sfiorato il tema dell’assenza e del silenzio di Dio di fronte alla Shoah. […] Non è perciò sconveniente supporre che il vero bersaglio di questo discorso del Papa sia proprio quell’Islam che si vuole destinato, come dicono i suoi capi religiosi, a colmare il vuoto spirituale dell’Occidente.
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