«Conosco Paola Binetti da tanti anni nel comitato di bioetica e abbiamo costruito perfino un rapporto di affetto, ma quando la vedo imboccare una strada di estremismo cattolico che non le è peculiare penso si tratti di una provocazione che farà solo danni». Carlo Flamigni, professore di ginecologia, è allarmato dalla nascita formale (resa nota da La Stampa) di una «lobby cattolica» nell’Ulivo. Una lettera firmata da 59 parlamentari che dà il via a un tavolo di lavoro sulle coppie di fatto e la famiglia naturale. «Secondo me – commenta Flamigni – se ci si affrontasse senza estremismi sui problemi concreti alla fine troveremmo soluzioni condivise. Ma già il fatto di parlare di lobby mi fa venire in mente più la massoneria e l’Opus dei che delle forze parlamentari. -Come è possibile, nel 2006, parlare solo di «famiglia naturale»? R:Anche nel comitato di bioetica ne abbiamo discusso tante volte. Abbiamo sempre affermato che il concetto di famiglia e di genitorialità non è biologico ma simbolico. «Sono tuo padre e tua madre perché sono lì quando hai bisogno di me». È una frase che possiamo sentir dire di fronte all’adozione, da una donna sola, da una lesbica, da chi dona i gameti. Il criterio fondamentale è la responsabilità, non c’entra nulla la biologia, lo sperma o ciò che si fa a letto. Le famiglie sono di tanti tipi ma tutte chiedono al resto della società di essere considerate. Non farlo sarebbe antistorico. Costituire un gruppo di persone che per definizione si porranno contro tutti i progetti di noi poveri laici mi sembra un cattivo modo di iniziare la legislatura. -È lo stesso modo però in cui è finita la legislatura scorsa. R:È vero, ma ci sono stati altri fatti: la dichiarazione di Martini sui preservativi, molti politici di centrodestra hanno ammesso che la legge 40 va modificata, posizioni oltranziste del mondo cattolico e del pontefice sono state criticate. Viviamo in un paese largamente cattolico, credo però che esistano tutti i margini per una mediazione, non capisco perché non si possa discutere insieme. I cattolici dovrebbero smetterla di ragionare su un’etica della verità e passare invece a un’etica della «compassione», che è un sentimento paritetico, simmetrico. I problemi dei malati o di chi è infertile vanno risolti senza egosimo, salvaguardandone la dignità e senza pietismi. -Che ne pensa della crociata contro Mussi, che ha tolto il veto dai fondi europei per la ricerca sulle staminali embrionali? R:È stata una cosa sacrosanta che mi sembra sia stata del tutto male interpretata. La legge 40 proibisce di sperimentare sugli embrioni, non sulle linee staminali embrionali che arrivano da altre parti del mondo. Infatti ricerche di questo tipo in Italia esistono. Mussi è intervenuto su un aspetto di straordinaria rilevanza, cioè ha permesso al parlamento europeo di dedicare alla ricerca scientifica un budget molto consistente. È una ricerca dalla quale noi non possiamo essere esclusi. Il ministro ha semplicemente tolto un veto orale che in passato non era mai stato discusso a livello di governo o di parlamento, consentendo all’Italia di far sì che la ricerca europea si allarghi anche a questo settore. Sono pochissimi del resto i paesi che si oppongono, sostanzialmente solo Polonia, Austria e Germania. Perché non avviare una grande collaborazione tra i vari stati per vedere se tutti insieme riusciamo a eliminare questo «blocco» sull’embrione? -Come si può fare? R:Si possono usare gli embrioni congelati soprannumerari, ma sono pochi, circa 2mila, e molti sono inutilizzabili, sono «morti». La commissione Dulbecco aveva già parlato di metodi per formare staminali embrionali senza arrivare allo stadio di embrione, gameti modificati, embrioidi, insomma le mediazioni sono possibili. Facciamo un tavolo con Binetti, Veronesi, Cossu e altri e vediamo lì il da farsi, tutti insieme. Per la fecondazione assistita sull’ootide per esempio moltissimi bioeticisti cattolici non hanno detto di no. Ci permetterebbe di svolgere indagini genetiche almeno nella parte femminile. Ragionare insieme su questi argomenti può portare a soluzione molti nodi che ci preoccupano tutti. Il referendum non ha chiuso la questione, anzi, ha votato una minoranza dei cittadini italiani e quindi la discussione è ancora aperta.
Fonte: IlManifesto.it