Le donne che subiscono una violenza non la denunciano. «Il 98% delle donne che ha subito una violenza non la denuncia, per questo siamo venute a Montecitorio: vogliamo sensibilizzare le parlamentari sul tema della violenza contro le donne». Lo ha detto Pina Nuzzo dell’Udi, Unione Donne in Italia, durante un presidio che si è svolto questa mattina davanti al Parlamento, promosso oltre che dalla storica associazione anche dal Cartello antiviolenza e da «Usciamo dal silenzio». «Le violenze sono tante e ad ogni livello, vanno da quella domestica allo stupro – ha continuato la Nuzzo – così abbiamo pensato a una iniziativa che incoraggi le donne a parlare: distribuiamo delle buste rosa in cui, in forma anonima, si possono raccontare le violenze subite; noi poi le raccoglieremo e le porteremo alle parlamentari». «Il problema della violenza sulle donne – ha aggiunto – dopo tanti anni di femminismo e di politiche femminili è ancora grave, per questo chiediamo al Parlamento una ricognizione sul territorio a 360 gradi che verifichi il reale funzionamento degli strumenti a tutela delle donne già esistenti, da quelli legislativi fino ai centri di accoglienza». «Quando si parla di violenza sulle donne – ha concluso Nuzzo – non si può più dire che è un problema culturale: gli abusi e le vessazioni sono distribuiti su tutto il territorio e in tutte le fasce sociali. Anzi, più spesso proprio le mogli e le madri di “buona famiglia” si dimostrano le più restie a denunciare i loro violentatori». A sottolineare la persistenza di un problema di violenza sulle donne, l’iniziativa dell’Udi si rivolge a due categorie in particolare. Le giovani donne, nate emancipate e meno consce dei rischi cui sono soggette rispetto a quelle delle generazioni precedenti, per le quali però, ricorda la Nuzzo, «quando poi esplode il conflitto con l’uomo, questo si presenta in forma antica e le trova impreparate ad affrontarlo». L’altra categoria, oggi del tutto nuova, è quella delle donne immigrate. Particolarmente debole perché «sono lontane dalle reti civili e sociali e più facilmente subiscono le conseguenze della solitudine. La nostra sigla – precisa la presidente dell’Udi – oggi è cambiata in Unione Donne in Italia proprio perché vogliamo accogliere tutte le componenti femminili presenti sul territorio». Un commento anche sulla nuova maggioranza: «dal nuovo governo – afferma – mi aspetto che sia adulto e che tenga presente il forte contributo alla democrazia e alla convivenza civile che le donne hanno dato in tutti questi anni al Paese, non può e non deve dimenticarle». Le buste rosa per raccontare le violenze su donne di cui si è a conoscenza verranno distribuite nelle università, nei luoghi di lavoro e in varie piazze italiane.
L’articolo è apparso sul sito dell’Unità