Quando sembrava che il papa si fosse stancato di mulinare le sue armi contro i ‘relativisti’, comincia la campagna contro l’amore ‘debole’. Del relativismo ci stiamo felicemente dimenticando, con l’uscita di scena – parziale, e temiamo provvisoria – del senatore Pera. Il cui magistero filosofico-politico non è riuscito a cogliere, e a spiegare al suo illustre coautore, l’impossibilità logica della esistenza reale di un relativista; cioè di qualcuno che mentre dice una cosa affermi insieme che qualunque altra, contraddittoria con la prima, ha lo stesso valore di verità. La questione dell’amore debole, sfortunatamente, non è riducibile e liquidabile con una elementare precisazione del senso delle parole. Qui siamo già più vicini al piano, pericoloso, dei contenuti e di filosofia vera. L’amore non riproduttivo è debole, sembra di capire, perché non frutta in termini di nuove vite messe al mondo. Quindi è un amore ‘inutile’. Preti, suore, religiosi con il voto di castità sono ovviamente esonerati da quest’obbligo di aiutare la vita a proseguire. Non parliamo poi di Gesù stesso, che non solo nacque da una vergine (qui il massimo di ‘forza’: riproduzione senza amore, neanche quello forte che il papa privilegia), ma che non poté di sicuro mai essere sfiorato dall’idea di lasciare una discendenza (vade retro Dan Brown e ‘il Codice da Vinci’). Ma di dove mai, da quali pagine della Scrittura, viene questa frenetica volontà di sovrappopolare la povera terra, in via di esaurimento almeno fino a quando non si troveranno nuove fonti di energia e nuovi ‘spazi vitali’? […]
Il testo integrale dell’articolo di Gianni Vattimo è stato pubblicato sul sito dell’Espresso