Lazio: «Obiezione di coscienza per avere la Ru 486»

Prima la comunicazione alle varie direzioni ospedaliere, poi alla stampa. I medici del servizio d’interruzione di gravidanza di otto ospedali romani hanno sollevato tutti assieme l’obiezione di coscienza. Di qui a trenta giorni (il tempo dell’entrata in vigore della richiesta) il servizio potrebbe essere sospeso al San Camillo-Forlanini, San Filippo Neri, San Giacomo, San Giovanni, Santo Spirito, Policlinico Umberto I, Sandro Pertini e all’ospedale di Genzano, ossia la stragrande maggioranza di strutture in cui il servizio di Interruzione volontaria della gravidanza (Ivg) è praticabile. La decisione, unanime, «pesata e sofferta», come hanno spiegato ieri gli operatori riuniti in via De Rossi sede dell’Ordine dei Medici, è contemplata dalla legge 194 (norme sull’interruzione volontaria di gravidanza) all’articolo 9: «l’obiezione esonera il personale sanitario… dal compimento delle procedure dirette a determinare l’interruzione di gravidanza», nonché ampiamente esercitata in una regione in cui la percentuale di ginecologi obiettori ha da tempo superato il 77% (443 ginecologi romani sono obiettori di coscienza). Naturalmente la stessa legge prevede anche che gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate assicurino «in ogni caso, l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza» e individua nell’ente regionale il garante della applicazione della legge («La regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale»). Ma per quale motivo una simile scelta, oggi, da parte del residuo venti per cento dei medici che finora ha garantito il funzionamento del servizio? «La problematicità delle interruzioni di gravidanza è in aumento. Vengono da noi donne al penultimo giorno utile per l’intervento. Le liste d’attesa sono sempre più lunghe. La carenza di sale operatorie e personale del comparto è cronica. Lo squilibrio nella distribuzione territoriale di questo servizio ha reso l’aborto un intervento sempre più rischioso per le donne e sempre meno accettabile dal punto di vista deontologico per noi medici. Sono anni che denunciamo la situazione. Quella che stiamo vivendo a Roma e nel Lazio è la cronaca di un disservizio annunciato» dice Mirella Parachini ginecologa del San Filippo Neri. […]
Il testo completo dell’articolo di Ilaria Sacchettoni è stato pubblicato sul sito del Corriere della Sera

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