A ognuno il suo. Spetta, dunque, ai parlamentari dell’Ulivo che fanno esplicito riferimento alla cultura del cattolicesimo politico di rispondere alla diessina Anna Finocchiaro che li ha invitati a «fermarsi sui temi etici» (e, infatti, già hanno cominciato a replicare). Così come spetta a loro di valutare la richiesta di ritirarsi dall’intergruppo parlamentare al quale, anche in questa legislatura come nella precedente, hanno dato vita con colleghi di diversi partiti. E spetta ancora a loro di decidere che senso abbia l’evocazione di «una moratoria di almeno sei mesi sugli argomenti bioetici». Tuttavia vari passaggi del perentorio ragionamento che la presidente del gruppo ulivista a Palazzo Madama ha affidato a “la Repubblica” di ieri, e la sua stessa impostazione generale, non possono non stuzzicare anche osservatori interessati come noi. […] il gravissimo strappo deciso dal ministro della Ricerca nel ragionamento di Finocchiaro è diventato l’ultimo degli argomenti, citato solo per preannunciare un dibattito nel gruppo ulivista sulla scorta di quanto lo stesso Mussi dirà giovedì prossimo davanti a un paio di Commissioni del Senato per provare a giustificare il proprio operato. È la riprova che, in politica, si vedono esclusivamente i problemi che si vogliono vedere. E solo di questi si parla davvero. Dunque, non è affatto un caso se la preoccupazione che emerge dalle parole dell’esponente dei Ds è tutt’altro che etica o bioetica. […] Ambizioni suggestive, certo importanti e forse un tantino esagerate. Ma che potrebbero ribaltarsi, dando origine a un problema ingovernabile se non ci si rendesse conto che, per realizzarle, bisognerebbe decidersi a esercitare sempre, senza esitazioni e senza intimazioni, la virtù del rispetto. Rispetto per la verità dei fatti e dei valori costitutivi di una comunità civile. Rispetto degli elettori, anche e soprattutto quando – come nel referendum sulla legge 40 – danno sonoramente torto alle tesi che si vorrebbe imporre come egemoni. E, infine, rispetto per le diverse culture politiche. A cominciare – lo consiglia la storia viva di questo Paese – da quella dei cattolici.
Il testo integrale dell’articolo di Andrea Tarquinio è stato pubblicato sul sito di Avvenire