Mesi di trattative durissime e una spaccatura – subito rientrata, a sentire i protagonisti – all’interno della maggioranza. Alla fine la commissione Sanità e servizi sociali del Consiglio pugliese ha dato il via libera alla legge che equipara i diritti della famiglia a quelli delle coppie di fatto. E il centrodestra, che ha sbattuto la porta disertando la votazione su tutti gli articoli successivi a quello «chiave», ora minaccia ricorsi alla Corte Costituzionale e una vera e propria «rivolta sociale». La Puglia, con 26,5 milioni di euro, finanzierà – se resta così la legge – indistintamente tutti i nuclei familiari indigenti (dagli sgravi per gli asili nido, all’accesso alle case popolari), siano uniti da matrimonio o composti da conviventi. LE TAPPE DELLA GIORNATA – La giornata infuocata è cominciata con l’assessore Elena Gentile, scura in volto, che è entrata nell’aula con un foglio in mano: quello dell’emendamento proposto dal governo Vendola con cui mediare tra il pressing dei vescovi e della Margherita e la tutela del principio dell’estensione dei benefici ai nuclei familiari diversi da quelli fondati sul matrimonio. Una proposta faticosamente raggiunta dopo trattative telefoniche tra il presidente della Regione, la Cei e gli assessori diellini e faticosamente digerita dall’autrice del disegno di legge, l’assessore Gentile (Ds), che ha visto ribadire il primato della famiglia e – solo in seconda istanza – i benefici ai Pacs. LA SPACCATURA – Insomma, le condizioni perché la maggioranza votasse compatta su queste modifiche c’erano tutte: i «no» messi in conto sarebbe dovuti arrivare solo dal centrodestra. Ma così non è stato: all’emendamento del governo concordato coi diellini, infatti, è subentrato un sub-emendamento del capogruppo dei Ds, Antonio Maniglio, che di fatto ha scavalcato a sinistra la proposta Vendola, ripristinando la formulazione iniziale del ddl Gentile sull’estensione dei benefici. A quel punto i diellini, presi alla sprovvista dal blitz dei diessini, hanno votato «no» all’articolo insieme ai colleghi della Cdl, che è passato solo per un voto (8 a 7) a maggioranza. La cdl, tra le proteste, ha così abbandonato l’aula, lasciando la maggioranza libera di votare tutti gli altri articoli (i meno contestati). […]
Fonte: la Gazzetta del Mezzogiorno