Il sesso è neutrale

[…] Sono in molti a giungere fino agli Stati Uniti per avere la possibilità di scegliere il sesso del proprio figlio. Paese dei balocchi, perché in tutto il mondo, Israele a parte, la diagnosi genetica di preimpianto è consentita solo in caso di malattie genetiche ereditarie. Nemmeno è proprio vero: basta citare il caso dell’Italia, in cui la diagnosi di preimpianto è vietata e basta. Fa piacere (è ironico) constatare che anche fuori patria i commenti siano più o meno dello stesso tenore. Avrebbe dichiarato Matthew Eppinette, direttore del Center for Bioethics and Human Dignity, un gruppo cristiano di bioetica: “Si tratta di consumismo eugenetico. In un futuro non lontano i genitori sceglieranno il colore d’occhi, l’altezza e l’intelligenza dei loro figli”. Mentre Yury Verlinsky, direttore del Reproductive Genetics Institute di Chicago rassicura: “Noi non lo faremo mai perché il sesso non è una malattia. E i fondi della ricerca vanno usati per obiettivi medici veri”. […] pensa forse Eppinette di avere dimostrato l’immoralità di questa futuribile (per quanto improbabile) possibilità? Che male ci sarebbe a scegliere il colore degli occhi? O l’altezza? I genitori scelgono per i propri figli una quantità di particolari, su cui nessuno si sogna di puntare il dito: il luogo di nascita, la lingua madre, il nome, a volte il colore degli occhi (se entrambi li hanno azzurri) e così via. […] Scegliere gli occhi verdi può danneggiare il nascituro? E in che modo? Scegliere la sua altezza o l’intelligenza? E in che modo, di grazia? Per pietà, non ricorriamo all’argomento della natura contro l’artificio. Per pietà. E veniamo all’argomento di Verlinsky: il sesso non è una malattia e quindi non interveniamo. Cosa vorrebbe dire, che è concesso intervenire soltanto sulle malattie? E ancora, per quali ragioni? Per tornare alla possibilità di scegliere il sesso: il sesso (M/F) è un tratto moralmente neutrale, pertanto non dovrebbe essere dannoso nascere maschio invece di femmina e viceversa. […]
Il testo integrale dell’articolo di Chiara Lalli è stato pubblicato sul blog Bioetica

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