L’enciclica dimenticata di Pio XI sul razzismo

[…] È giusto ricordare l’enciclica «Mit brennender Sorge» (con cocente preoccupazione): il testo in cui papa Ratti denunciò le costrizioni a cui il Terzo Reich sottoponeva la Chiesa cattolica e condannò la politica eugenetica e razziale del regime nazista. Ed è giusto ricordare che una settimana prima della visita di Hitler a Roma nel maggio 1938, Pio XI lasciò la città per ritirarsi nella residenza estiva di Castel Gandolfo. Ma è importante ricordare altresì che negli ultimi mesi della sua vita Ratti commissionò un’altra enciclica sul razzismo in cui avrebbe condannato con particolare vigore, implicitamente, anche le leggi razziali che il regime fascista aveva promulgato qualche mese prima. […] Alla fine dell’incontro di Castel Gandolfo il Papa chiese al gesuita di scrivere con altri due sacerdoti la prima bozza di una nuova enciclica. La Farge si mise al lavoro e preparò con i suoi collaboratori un testo sull’«unità del genere umano» che giunse sul tavolo del Papa tre settimane prima della morte. Molti conoscevano l’esistenza di una bozza, qualcuno la lesse, ma tutti conservarono il silenzio. Riapparsa molti anni dopo dagli archivi vaticani, l’«enciclica nascosta», come è stata definita da Passelecq e Suchecky, ha suscitato molti interrogativi. Fu nascosta o, più semplicemente, dimenticata? Fu ritenuta insoddisfacente per ragioni teologiche o accantonata per considerazioni di prudenza diplomatica? Quale sarebbe stata la sua reale efficacia? E naturalmente: fu il mancato invio dell’enciclica il segno di un cambiamento di rotta nella politica papale? A ciascuna di queste domande, in mancanza di una documentazione conclusiva, ogni studioso ha risposto con supposizioni ispirate dalle sue convinzioni e dai suoi pregiudizi. La discussione continua.
Il testo integrale dell’intervento di Sergio Romano è stato pubblicato sul sito del Corriere della Sera

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