Quando vedremo una donna all’altare

Il 22 maggio 1994, Giovanni Paolo II, nella lettera apostolica Ordinatio Sacerdotalis, utilizzando una formula dal carattere non suscettibile di revisione, scriveva: “Dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa”. La ragione fondamentale che induce la Chiesa ad escludere le donne dal sacerdozio è questa: “Gesù Cristo non ha chiamato alcuna donna a far parte dei dodici. Se egli ha fatto così, non è stato per conformarsi alle usanze del suo tempo, poiché l’atteggiamento, da lui assunto nei confronti delle donne, contrasta singolarmente con quello del suo ambiente e segna una rottura voluta e coraggiosa” (Congregazione per la Dottrina della Fede – Inter Insigniores).
L’argomentazione è speciosa. All’affermazione che Gesù non chiamò donne a far parte dei dodici, si pone l’obiezione della conformazione alle usanze del tempo, come se fosse l’unica possibile; si confuta facilmente l’obiezione stessa, e si trae la conclusione che “Cristo ha stabilito così” (Paolo VI, Il ruolo della donna nel disegno della salvezza, 30 gennaio 1977). È ovvio che non fu il timore di infrangere le regole dell’epoca, a determinare la decisione del Signore, bensì la consapevolezza che chiamare delle donne a far parte degli apostoli, sarebbe stato non solo perfettamente inutile, ma anche di serio ostacolo all’evangelizzazione del mondo, ed è questa l’obiezione seria, che la Chiesa finge d’ignorare. Il Signore sapeva perfettamente che nessuna donna avrebbe potuto sostituire gli apostoli, in quel periodo ed in quella società. Le difficoltà, già insormontabili per un uomo, sarebbero state impossibili da superare per una donna. Al tempo di Gesù, legalmente, la donna era considerata minorenne, e quindi irresponsabile. Come si può pensare che il Signore potesse mandare delle donne “come pecore in mezzo ai lupi” (Mt 10,16)?
Ma nella Dichiarazione Inter Insigniores, al paragrafo 5, oltre alla ragione sopra esposta, ne viene offerta un’altra che non è solo ingannevole, ma anche risibile: “Cristo è lo sposo, la Chiesa è la sua sposa… È per questo che non si deve mai trascurare questo fatto che Cristo è un uomo. Pertanto… bisogna ammettere che, nelle azioni che esigono il carattere dell’ordinazione e in cui è rappresentato Cristo stesso… il suo ruolo deve essere sostenuto da un uomo”. Insomma: Gesù era maschio? Il sacerdote deve essere maschio! Ed anche in questo caso si rinuncia alla ragione. Non ci si chiede, infatti, per quale motivo l’Incarnazione si sia realizzata in un uomo e non in una donna. È lo stesso identico motivo che spinse Gesù a scegliere solo apostoli uomini. Nessuno avrebbe dato la minima importanza ad un Gesù donna; e tutto ciò che accadde al Signore e agli apostoli, non sarebbe stato possibile. Ovviamente la Chiesa non si chiede per quale motivo decisioni riguardanti le donne, debbano essere prese da soli uomini; o forse la ragione sta sempre nel fatto che esù era maschio?
La domanda che vorrei porre a lei è questa: perché la Chiesa contrariamente al Cristo che precorreva i tempi, tende a restare sempre indietro di secoli?
Una versione parziale della lettera di Veronica Tussi a Corrado Augias è stata pubblicata oggi su Repubblica
Da Veronica Tussi abbiamo ricevuto, in seguito, anche la sua replica alla risposta di Corrado Augias:
Gentile Corrado Augias, la ringrazio per la pubblicazione. La risposta mi è piaciuta, anche se mi è parso di notarvi qualche contraddizione, che mi pemetto di esporle. Scrive: “La questione è complicata, e mi rendo conto che agendo dall’interno di una tradizione risalente per alcuni aspetti all’originario ebraismo, innovare non è facile”. Mi pare che ciò sia in contraddizione con la conclusione: “La progressiva emarginazione delle donne s’è imposta a partire dal IV secolo…”. La tradizione quindi già era stata superata! E ancora: “La preferenza per il matrimonio derivava dal fatto che nella tradizione ebraica lo stato coniugale offre maggiori garanzie di stabilità”. E allora? Non sarebbe più logico che i preti si sposassero? A me, gentile Augias, non sembra che la tradizione ebraica c’entri molto. Credo c’entri soltanto la tradizione del dominio maschile, che nella Chiesa cattolica ha trovato terreno fertile. La cosa triste è che le voci femminili che protestano all’interno della Chiesa sono rare e deboli.
Veronica Tussi

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