Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo messagio ricevuto dallo Studio Antetomaso
Adel Smith è stato assolto ieri dal Tribunale di Roma dall’accusa di “offesa a una confessione religiosa mediante vilipendio di cose”. Il fatto risale al novembre del 2001, quando, ospite della trasmissione televisiva di Bruno Vespa “Porta a Porta”, il presidente dell’Unione dei Musulmani d’Italia, nel dichiararsi contrario alla presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche e negli altri edifici pubblici, a precisa domanda descrisse il simbolo della cristianità come “il cadavere di un uomo nudo affisso su un pezzo di legno usato dai Romani per punire i peggiori criminali”, lamentandone l’imposizione per mezzo di una normativa vetusta e, per di più, regolamentare e non legislativa. Con questa affermazione, Smith ha finito per essere identificato, dai fedeli più conservatori, come profanatore della religione cattolica; lo stesso Vespa, nel corso di trasmissioni successive, gli ha attribuito una locuzione mai pronunciata, definendolo “quello del cadaverino”. Tra le contumelie piovute su Smith, c’è stato anche chi ha deciso di dare al caso una evoluzione giudiziaria: nella fattispecie, una telespettatrice siciliana, sentitasi offesa nella sua sensibilità religiosa, ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Catania, poi trasmesso per competenza a quella di Roma. Successivamente, il Sostituto Procuratore Pietro Pollidori ha deciso di citare a giudizio Adel Smith, rispolverando, dopo circa quaranta anni, la desueta norma di cui all’articolo 404 del codice penale, della quale non vi è traccia in alcuno dei progetti di riforma del codice penale. Tale disposizione, che punisce appunto le offese a una confessione religiosa (all’epoca dei fatti “alla religione dello Stato”) mediante vilipendio di cose, fu reintrodotta nel sistema penale italiano dal guardasigilli fascista Alfredo Rocco nel 1930, dopo che il precedente codice Zanardelli, di ispirazione liberale, lo aveva espunto dalla codificazione. Il Giudice dell’ottava sezione penale del Tribunale di Roma, Marco Marocchi, ha invece ritenuto, come sostenuto dai difensori di Smith, che quella dell’imputato fosse un’opinione soggettiva, eventualmente sussumibile nella previsione incriminatrice del reato di vilipendio della religione dello Stato di cui all’art. 402 del codice penale, dichiarato costituzionalmente illegittimo già nel 2000, ed ha pertanto mandato assolto Smith perché il fatto non costituisce più reato. Lo scrittore italoegiziano non era presente, essendosi rifiutato di partecipare al processo per obiezione di coscienza, legata appunto al permanere di quel regolamento da lui denunciato che prevede l’esposizione del crocifisso anche nelle aule di giustizia. I difensori di Smith, Erasmo e Cesare Antetomaso, nel sostenere il diritto alla libertà di opinione del leader dei “Musulmani d’Italia”, hanno espresso forti perplessità per la “riesumazione di un armamentario punitivo arcaico, oscurantista e di segno chiaramente illiberale, in aperto contrasto con la lettera e lo spirito della Costituzione repubblicana”, richiamando il pensiero del presidente dell’Assemblea costituente Umberto Terracini, che definì “la Costituzione difesa giuridica invalicabile da qualunque tentativo di “influenza costantiniana o da novelle guerre di religione”. Per questo, il processo “desta preoccupazione, in quanto si inserisce nel medesimo spirito persecutorio del dissenso che ha ispirato la repressione di meri reati di opinione come quelli contestati ai neo-global di Cosenza”. Cionnonostante, l’esito assolutorio è “un’ottima notizia, in attesa dell’entrata in vigore del nuovo codice, per chi ritiene che l’impostazione conservatrice se non reazionaria data a certe figure di reato possa essere battuta da un’interpretazione della norma costituzionalmente orientata ed adeguata a una società multietnica, multiculturale, multireligiosa”.