Su «Avvenire» una prima rivalutazione del gesto di Zapatero

Lupus personalissimo, che chiede solo lettura. Un bicchiere: mezzo pieno, o mezzo vuoto? Il fatto: “Zapatero oggi non andrà alla Messa” (“La Stampa”, 9/7, p. 1). Così anche su tutti i giornali. Ovazioni e riprovazioni. Che dire? Ha certo ragione chi ricorda che persino Fidel Castro e Jaruzelski hanno fatto una scelta diversa. Chi legge lo sa: qui nessuna simpatia per Zapatero, estremista in troppe cose serie. Tuttavia va notato che il suo rifiuto non è stato totale: sabato sera ha incontrato come tale e per 20 minuti il Papa. E allora? Allora altre due facce del rifiuto della Messa. La prima, non bella, e un po’ ridicola, è la paura. Sapeva, Zapatero, che alla Messa si sarebbe trovato in mezzo ad un milione di suoi cittadini che la pensano in modo del tutto diverso da lui: “Chissà i fischi! Io non ci vado!” La seconda faccia la segnalo a titolo del tutto personale, e sarebbe stato bello sentirla. Eccola: la Messa non è uno spettacolo, né un appuntamento diplomatico, né un oggetto di cortesie, ma un atto liturgico e sacramentale di fede e comunione. Un non credente potrebbe non trovarsi al suo posto, lì, e preferisce astenersi. E di più: una lettura così va pienamente d’accordo con la disciplina della Chiesa per tanti secoli. Alla Messa partecipavano soltanto i battezzati credenti e professanti; persino i catecumeni, quelli che si preparavano al Battesimo, ma ancora non lo avevano ricevuto, ad un certo punto, finita la liturgia della Parola, erano invitati ad uscire… Beh! Non sarebbe bello se una ipotesi del genere si potesse applicare alla vicenda? Per Malpelo, forse sì.
L’intervento di Rosso Malpelo – Gianni Gennari è stato pubblicato sul sito di Avvenire

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