Una nuova ondata di polemiche rischia di investire la figura di Pio XII, accusato di essere stato «il Papa di Hitler» per l’atteggiamento troppo prudente e remissivo che avrebbe tenuto nei confronti del regime nazista. Tornano sotto esame i «silenzi» di Papa Eugenio Pacelli. Ma questa volta non più sull’Olocausto bensì sulle stragi perpetrate dai comunisti di Tito nella Venezia Giulia a partire dal maggio 1945: migliaia di italiani uccisi dall’Armata di liberazione iugoslava, gettati ancora vivi nelle foibe (voragini carsiche), imprigionati e condotti nei campi di concentramento a morire di stenti, oppure costretti all’arruolamento forzato. Nell’Archivio segreto vaticano è custodito un fondo, fino a oggi inedito, che raccoglie i documenti relativi a questo dramma. Alcuni riportano anche la dicitura Vsp («Visto dal Santo Padre»), segno che Pio XII era puntualmente informato su quanto stava accadendo al confine nordorientale dell’Italia. Copia del materiale è conservata nell’archivio di Civiltà cattolica ed è stata studiata da Giovanni Sale, storico dell’autorevole rivista dei gesuiti. Per padre Sale i documenti vaticani sulle foibe, che Panorama pubblica in esclusiva, sono di straordinaria importanza poiché registrano minuziosamente quanto accadde nelle settimane immediatamente successive alla liberazione di Trieste, il 1° maggio 1945. […] I documenti rinvenuti da padre Sale testimoniano come nelle settimane successive all’ingresso a Trieste dell’armata iugoslava le autorità ecclesiastiche della Venezia Giulia, i rappresentanti del Comitato di liberazione nazionale, ufficiali alleati e singoli cittadini inviarono alla segreteria di Stato segnalazioni e denunce sulla drammatica situazione della regione, chiedendo un immediato intervento del Papa. […] Sono soprattutto le autorità ecclesiastiche locali a sollecitare un intervento del Papa per fermare le stragi compiute sotto gli occhi dell’esercito angloamericano. Fra i più attivi il cardinale Adeodato Giovanni Piazza, patriarca di Venezia, e Antonio Santin, vescovo di Trieste. Un sacerdote di Fiume, Pierluigi Santarelli, lancia un appello al Papa perché venga in soccorso degli italiani finiti sotto l’amministrazione iugoslava dopo l’accordo di Belgrado del 9 giugno ‘45.
Di fronte a una mole così ampia di denunce era lecito attendersi una risposta immediata di Pio XII per fermare la violenza comunista. Invece niente di simile emerge dai documenti esaminati da padre Sale. Solo un appunto stringato, inviato all’ambasciata britannica presso la Santa Sede e a Harold Tittman, consigliere diplomatico di Myron Taylor, rappresentante in Vaticano del presidente degli Stati Uniti, Harry Truman. La segreteria di Stato chiede alle autorità alleate di fare «quanto in loro potere per salvare la vita di tanti infelici». […] Si apre comunque un inedito fronte di discussione su Pio XII mentre l’iter della causa di beatificazione che potrebbe portarlo sugli altari ha superato l’esame della commissione storica e si appresta a passare alla commissione teologica. Le sorprese non sono finite.
Il testo integrale dell’articolo di Ignazio Ingrao è stato pubblicato sul sito di Panorama