L’Italia è un Paese di santi, navigatori e poeti, ma anche di furbi. Negli ultimi giorni, al centro del dibattito politico e delle scelte del governo è entrato con forza il problema dell’evasione. Un argomento che non è esclusivamente di tipo economico e fiscale per i tanti risvolti che ha sul piano morale e sociale. Infatti se l’espressione “lotta all’evasione” fa pensare subito ad una forma di repressione nei confronti di alcuni, non devono essere trascurate le finalità di giustizia sociale e di lotta alla concorrenza sleale. Infatti, chi evade, oltre al danno diretto per le casse dello Stato mette in atto una concorrenza sleale nei confronti di chi responsabilmente e civilmente osserva le norme, ha dei costi maggiori nell’esercizio della propria arte o professione ed applica di conseguenza prezzi che tengono conto dei costi sostenuti. Purtroppo queste forme di evasione sono spesso praticate da cristiani assai vicini alle parrocchie, quando non addirittura dagli stessi sacerdoti. Come? Attraverso il pellegrinaggio e le gite “fai da te”. Un fenomeno messo in evidenza anche da mons. Carlo Mazza, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale del tempo libero, turismo, sport e pellegrinaggi della Conferenza episcopale italiana. “A volte i parroci desiderano far-da-sé il pellegrinaggio, oltre i consigli utili dell’Ufficio diocesano – spiega – Vorrebbero in pratica costruire il pellegrinaggio con le ‘loro mani’ e con la ‘loro gente’. L’aspirazione è legittima e per taluni aspetti auspicabile. Ma il parroco ha titolo sufficiente, sotto il profilo ‘tecnico-commerciale’ per organizzare da solo un pellegrinaggio? E, ammesso che l’abbia, che cosa dovrebbe fare per non essere tacciato di ‘abusivismo’? Anzitutto, una volta scelta la meta del pellegrinaggio, il parroco dovrebbe individuare i soggetti cui rivolgersi per effettuare le prenotazioni alberghiere, quelle del vettore che lo condurrà nei vari luoghi (aereo, treno, pullman), le visite guidate ed i vari servizi che riterrà opportuni oltreché necessari per la buona riuscita del pellegrinaggio stesso. Questi soggetti sono sostanzialmente due: l’agenzia di viaggio o un’associazione nazionale senza scopo di lucro” (cfr. Il Dono del Pellegrinaggio – Vademecum per gli operatori pastorali, pagg. 53-54). Ma in barba a tali sollecitazioni ecco pronte le giustificazioni per far tacere la coscienza: l’esigenza di guadagnare qualcosa per i lavori della chiesa, nel caso dei sacerdoti, e un’infinità di ex voto da parte degli altri che in cambio di qualche “grazia ricevuta” si sono impegnati con la Vergine e i Santi non a convertire se stessi ma a portare gruppi di persone ai vari santuari, perseverando invece in un comportamento censurabile per diversi aspetti. […]
Il testo integrale dell’articolo di Cristina Campana è stato pubblicato sul sito cattolico “Korazym”