[…] Quanto sta accadendo non solo cambia le forme della loro lotta, ma ne muta profondamente, quasi geneticamente, la stessa identità. Fino a poco tempo fa, le rivendicazioni che l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (l’Olp) e poi l’Autorità Palestinese nata dagli accordi di Oslo (l’Ap) ponevano alla base della loro azione politico/militare avevano una natura esclusivamente nazionalistica. Il loro obiettivo era la creazione di uno Stato palestinese, uno Stato indipendente, sovrano, membro della Lega Araba e null’altro. […] Gli ultimi, drammatici, avvenimenti, ma già prima della vittoria elettorale di Hamas, hanno rivelato come l’intervento di fattori esterni rispetto all’obiettivo nazionale stia trasformando questo obiettivo in qualcos’altro: un processo politico dove la rivendicazione dell’indipendenza si veste ormai – e sempre più compiutamente – dei panni propri della lotta generale dell’Islam contro una presunta crociata antimusulmana dell’Occidente. Palestina come Stato sovrano, ma come Stato di una comune identità islamica, vista e vissuta come soggetto antagonista in una lotta globale dove l’Islam riveste in forme sempre più inarrestabili ruoli e forme tipici dell’integralismo fondamentalista. […] Stiamo assistendo all’insorgenza di qualcosa di simile a quello che fu la rivoluzione khomeinista, quando il vecchio ayatollah vedeva i suoi pasdaran e i ragazzi delle formazioni bassiji come l’irresistibile avanguardia d’un moto che avrebbe travolto gli equilibri dell’intero Medio Oriente, scalzando l’Arabia Saudita dalla sua centralità e guadagnando all’Iran sciita il controllo delle politiche confliggenti con l’Occidente capitalista e ateo (quando non comunista). Negli Anni ‘80, se non fosse intervenuto Saddam a fermare l’avanzata della rivoluzione verde – Saddam lo fece per conquistarsi il ruolo di gendarme del Golfo che precedentemente aveva avuto lo Scia Palhevi – la storia di oggi sarebbe certamente diversa. Oggi Hezbollah non vale i pasdaran e i bassiji quanto a dimensione militare, ma li vale tutti come strumento e punta di lancia d’una nuova politica espansionista, la stessa che Ahmadinejad propone nel suo proclama messianico di distruzione dell’«entità sionista». Chi possa essere il nuovo Saddam non è ancora chiaro; impotenti gli Usa impantanati in Iraq, ora appare in tutta la sua drammatica evidenza quanto sia carente la dimensione della politica e un ruolo mediatore dell’Europa.
Il testo integrale dell’articolo di Mimmo Candito è stato pubblicato sul sito della Stampa