Inchini al signor embrione Li merita da parte di tutti

Sembra strano pensare che la condizione umana allo stadio embrionale, sia protagonista di tanti dibattiti etici, culturali, politici. Perché, anche a rischio di essere considerati oscurantisti, alcuni antepongono ai diritti della scienza e della ricerca (e alla retorica che la dipinge sempre come buona, eroica e disinteressata) i diritti degli embrioni umani? La ragione fondamentale è questa: non c’è nulla di più rilevante eticamente, socialmente, culturalmente ed esistenzialmente, dell’essere umano stesso. Non possiamo condannare la violenza, esprimere l’orrore per la guerra e poi consumare, in nome della scienza, i nostri esperimenti su coloro che sono stati consegnati nella loro fragilità alle nostre responsabilità. Trattare l’uomo come fine e non solo come mezzo significa affermare che nella gerarchia dei beni e delle scelte l’uomo ha un posto centrale, e senza questo riconoscimento tutto il resto perde consistenza. Nella storia della medicina si è sviluppato un lungo dibattito sulla legittimità o no di usare i risultati delle ricerche attuate dai medici nazisti direttamente sugli uomini, usati senza troppi problemi come cavie, sacrificati in nome del bene futuro dell’umanità. La decisione di usare questi risultati ottenuti con mezzi indegni, risultati che, senza mezzi termini, grondavano sangue e sofferenza, venne motivata con due argomenti […] E il no odierno della Germania alla ricerca sugli embrioni è un segno di questa memoria. Ora, qualora si procedesse, come qualcuno vuole, a sacrificare alcuni embrioni (ambiguamente definiti non impiantabili) per ottenere materiale terapeutico si verrebbe a negare questa centralità dell’uomo. Se, infatti, i risultati fossero promettenti si dovrebbe, per la stessa logica de lla ricerca e della produzione, allargare la sperimentazione anche agli embrioni non crioconservati e si sarebbe spinti a fare della vita embrionale in quanto tale uno strumento terapeutico. […] Se, poniamo, scoprissimo che usando esseri umani allo stadio embrionale produciamo cellule che permettono ogni forma di guarigione, come faremo ad impedire che si proceda nel trasformare la generazione umana in una fabbrica di embrioni terapeutici? E se si nega che questo possa avvenire, che senso avrebbe mettersi a fare queste ricerche? […] C’è anche un altro aspetto antropologico da considerare: gli embrioni congelati non sono lì per caso, sono l’esito di una prassi che è stata sbandierata e difesa come mezzo per rispondere alla sterilità di coppia, come mezzo per avere un figlio. Gli embrioni non impiantabili non si trasformano in cose perché non riescono a continuare a vivere: c’è una logica del rispetto del morente che passa anche attraverso il microscopico visto che ci siamo messi noi nella cond izione di rendere progettuale e programmata l’esistenza individuale nel suo albore. Una cultura che ha al centro l’esistenza unica ed irripetibile dell’essere umano è una cultura capace di dire due no: no alla ricerca sugli embrioni umani, no alla crioconservazione degli embrioni. Senza se e senza ma.
Fonte: Avvenire.it

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