«Togliere i soldi alle università è un grave errore. Siamo pronti a stringere la cinghia, ma non nella finanziaria 2007». Poi la precisazione, che vale da avvertimento: «Lo si potrebbe anche fare nel qual caso ci vorrà un altro ministro». Il ministro dell’Università e della Ricerca, Fabio Mussi, contesta così i tagli previsti dalla Finanziaria per il proprio settore e minaccia di dimettersi. Il quadro a cui fa riferimento Mussi è quello disegnato dal presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui), Guido Trombetti: «Difficile immaginare un inizio peggiore della politica del governo Prodi verso l’Università e gli enti di ricerca. Evidentemente a nulla è valso l’impegno del ministro Mussi». «Si dice, e ormai sono in molti a riconoscerlo, che il sistema universitario italiano è vicino allo stremo, sicuramente bisognoso di risorse aggiuntive, e sia pure da trovare tenendo conto del difficile quadro complessivo», la spiegazione di Trombetti. «Succede invece che il maxiemendamento governativo al decreto-legge cosiddetto Bersani-Visco mantenga le Università e gli enti di ricerca tra i soggetti obbligati alla riduzione forzosa delle spese intermedie (per capire: affitti, canoni, servizi: tutti oneri derivanti da contratti e impegni spesso pluriennali non contraibili). Una riduzione insostenibile per chi ha subito in questi anni contrazioni drastiche di risorse. Le conseguenze del nuovo taglio, misurabili in non meno di duecento milioni di euro dall’anno prossimo, avranno conseguenze devastanti sulla qualità della didattica e della ricerca». Il ministro Mussi afferma di «aver tentato di farlo capire, inutilmente, in consiglio dei ministri» l’errore di questi tagli. «È una decisione – osserva – che contrasta con il programma dell’Unione, le dichiarazioni programmatiche di Prodi alle Camere, il programma del mio Ministero presentato in Parlamento, il Dpef che recita: ”Una ripresa duratura della crescita e un graduale innalzamento del tasso di crescita potenziale dell economia postulano che la produttività totale dei fattori esca dalla lunga stasi degli ultimi anni. Ciò a sua volta implica più investimenti, più innovazione, più ricerca e sviluppo, come previsto dalla Strategia di Lisbona”». […]
Il testo integrale dell’articolo di Lorenzo Alessandri è stato pubblicato sul sito del Mattino