I giovani salgono in cattedra alla 43ª sessione di formazione ecumenica del Segretariato attività ecumeniche (Sae) in corso a Chianciano Terme (Siena). E lo fanno con grande personalità, esprimendo un’esigenza comune tra tutte le fedi cui appartengono: partire dalle radici per promuovere una identità più dinamica e attuale. Di certo il campione rappresentato dai protagonisti dell’incontro, coordinato da Simone Morandini, non esaurisce il profilo dei giovani di oggi, ma si è dimostrato credibile e completo per qualità ed autorità. A confrontarsi sul tema della trasmissione della fede sono stati la rappresentante dei Giovani musulmani d’Italia, Sumaya Abdel Qader, il segretario della Federazione giovanile evangelica italiana, Stefano D’Amore, il sacerdote ortodosso romeno Sapul Viorel e Federica Di Lascio, presidente nazionale della Fuci. Assente, per «motivi tecnici», il rappresentante della comunità ebraica. Per inquadrare la questione i presenti si sono interrogati su come i giovani delle diverse comunità si pongano di fronte alla fede ricevuta dalle generazioni precedenti, specie in un contesto culturale diverso da quello dei padri a causa dell’emigrazione. «I giovani musulmani non si riconoscono completamente nella cultura del paese di adozione – dice Sumaya – ma sono “altro” anche dalla identità culturale del paese di provenienza e finiscono per essere comunque diversi. I Giemmini (i Giovani musulmani d’Italia) stanno quindi inventando modi nuovi per rispondere a queste domande. È necessario, ad esempio, filtrare e depurare la religione dalla semplice tradizione: spesso infatti, nelle famiglie emigrate le due realtà si sovrappongono – ha sottolineato il giovane musulmano -. Crediamo sia indispensabile incentivare il confronto e la conoscenza di sé e degli altri». […] Le istituzioni familiari entrano in crisi sui temi etici. Padri e madri spesso non appaiono credibili come modello di trasmissione della fede, perché non offrono esempi di vita basati su di essa. Quindi, le novità e gli elementi critici portati dai giovani creano contraddizioni, ma possono spingere gli adulti a porsi in modo nuovo nei confronti della propria fede – ha suggerito Federica -, confrontandosi oltre le singole confessioni, per rielaborare identità più dinamiche ma ancorate al nucleo essenziale di ogni credo». Per il sacerdote romeno Sapun «il filo della trasmissione della fede va guardato con molta attenzione e delicatezza. I giovani emigranti entrano in contatto con realtà nuove che possono aiutarli a riscoprire o rinforzare la fede come esperienza esistenziale. Tuttavia, si può anche sbagliare strada, viverla solo in modo esteriore e formale, o diluirla e annacquarla forse perché custodita in solitudine e senza punti di riferimento. «Nella tradizione protestante – afferma il valdese Stefano – la storia di una fede difesa fino alla morte è fonte di fascino per noi giovani. Solitamente, poi, la nostra formazione è profonda ma aperta alla critica e alla discussione. Spesso, però, ci troviamo di fronte a una generazione di genitori formatasi negli anni settanta ed ottanta, che si attende da noi comportamenti da “contestazione”. Noi ovviamente – sottolinea il giovane – siamo diversi e cerchiamo di costruire un’identità dinamica, a cavallo tra tradizione a attualità. Un progetto che ci spinge anche a “sporcarci le mani” rispondendo all’appello che scorgiamo nella Bibbia, assumendoci l’impegno di lavorare per la giustizia sociale». […] temi in discussione domani: le fedi e le laicità. […]
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