In Toscana, nei primi cinque mesi dell’anno, le interruzioni farmacologiche volontarie di gravidanza sono state 190: sono 38 aborti al mese. «Merito» della Ru486, somministrata nelle strutture ospedaliere della Regione Toscana in cui si consente di abortire semplicemente assumendo una pillola, senza intervento chirurgico. In attesa che il presidente della commissione Affari sociali della Camera accolga la richiesta di autorizzare un ciclo di audizioni per avere un quadro scientifico approfondito e completo sull’applicazione della Ru486 quale metodo di aborto chimico alternativo a quello chirurgico, resta il fatto che in Italia emerge sempre più un pregiudizio favorevole alla «kill pill». E la reticenza del governo nel fornire al Parlamento i dati sulla sperimentazione conferma questo sospetto: una censura di Stato applicata nei riguardi del Parlamento su un argomento così drammatico e delicato per le donne italiane, che somiglia sempre più ai silenzi dell’ex Ddr nei confronti delle sperimentazioni chimiche. Intanto, mentre il ministro Turco definisce «corretta» la sperimentazione condotta dal ginecologo Silvio Viale all’ospedale Sant’Anna del capoluogo piemontese, la magistratura di Torino indaga sulla possibile violazione della legge 194 sull’aborto. Evidentemente, le rassicurazioni del ministro della Salute non bastano. Da un punto di vista medico, i dati scientifici internazionali hanno finora confermato che l’omicidio chimico è molto più pericoloso dell’aborto chirurgico e che la «kill pill» è e rimane la «pillola delle morte». In Italia, la Ru486 è considerata sicura e in grado, con un atto semplice e indolore, di interrompere una gravidanza. Tuttavia, il farmaco, facilitando il distacco dell’embrione, inibendo l’ormone della gravidanza e favorendo le contrazioni, ha delle pericolose complicazioni, quali la continua perdita di sangue, la necessità di un raschiamento o la malformazione del feto. Alcuni ospedali italiani stanno da tempo sperimentando la pillola, anche se l’azienda che produce la pillola Ru486 non ha ancora avviato la procedura di commercializzazione in Italia e, qualora lo facesse, dovrebbe corredarla di dati scientifici riguardanti la sua sperimentazione. Ma se da un lato la ricerca scientifica è lecita, dall’altro non lo è se applicata a scapito della salute della donna e in violazione della legge. Vale per la Ru486 come per il Metotrexate, farmaco pericoloso, oltre che inefficace. L’Organizzazione mondiale della sanità, in genere abbastanza indulgente nei confronti dei protocolli per l’interruzione della gravidanza, considera l’utilizzo del Metotrexate un metodo inefficace e lo sconsiglia caldamente.
L’articolo di Luca Volontè, capogruppo dell’UDC alla Camera, è stato pubblicato sul sito del Giornale