Quando si chiamava Barbara gli scienziati non le davano retta, da quando è diventato Ben viene ascoltato e riverito. Ben è Ben Barres, 52 anni, americano, barbetta ben curata, condirettore dell’Istituto di neurobiologia alla Stanford University e autore di studi fondamentali in particolare sul funzionamento delle cellule che affiancano i neuroni nel cervello. Per quarantatre anni è stato donna e ha subìto le discriminazioni di una scienza che lui, essendo stato prima una lei, dice di essere smaccatamente maschilista. «Prima di cambiare sesso, fino a quando cioè ero Barbara – spiega – non mi ascoltavano. Oggi invece posso finire una frase senza essere interrotto da un uomo». Una denuncia pesante fatta con un lungo articolo scritto di suo pugno e pubblicato su Nature nel quale rivela una serie di episodi piuttosto sgradevoli sopportati in passato. La storia di Barres e quel che ne pensano gli scienziati italiani sono riferiti da «Newton», in edicola da oggi, al quale però lo scienziato americano ha anche confidato di essere adesso letteralmente travolto da chi vuole saperne di più del suo cambio di sesso piuttosto che delle sue ricerche. «Al Mit sono stata l’unica studentessa a risolvere un complesso problema di matematica – ricorda Barres – ma il professore mi ha detto che era merito del mio ragazzo». In un’altra occasione, poco dopo essere diventato maschio, gli capita una nuova disavventura. «Per caso ho sentito un professore dire testualmente di un mio seminario: “Ben Barres ha fatto un ottimo lavoro, migliore di quello di sua sorella Barbara”». Possibile? Barres dice di sì e sottolinea di essere la prova vivente del fatto che la scienza è maschilista e che purtroppo troppi pensano alle donne come a scienziate inferiori. «Se lo sono sentite dire così tante volte – continua Barres – che da qualche parte del loro cervello cominceranno a crederci». Ed è per questo motivo che il neurobiologo ha deciso di uscire allo scoperto spiegando anche che il suo cambio di sesso forse è stato causato da un farmaco simile al testosterone che sua madre assumeva mentre era incinta di lui. […] Non è la prima volta che Barres denuncia la discriminazione in ambito scientifico. La prima volta si è scagliato contro Larry Summers, l’ex rettore dell’Università di Harvard, che ha scatenato un pandemonio sostenendo con veemenza l’inferiorità genetica della donna nell’affrontare questioni scientifiche. Questa volta Barres replica a chi la pensa come Summers citando uno studio svedese secondo il quale una scienziata per ricevere la stessa considerazione di un collega deve essere due volte e mezza più produttiva. Un altro studio dimostra, poi, che test di matematica sottoposti a studenti americani tra i 4 e i 18 anni non evidenziano alcuna differenza tra i due sessi. «Quel che sostiene Barres non mi stupisce – risponde a Newton Amalia Ercoli Finzi, ingegnere spaziale al Politecnico di Milano – Non c’è nessuna differenza tra donne e uomini, eppure la discriminazione esiste. Quante volte telefonano al mio numero chiedendo del professor Finzi convinti che io sia la sua segretaria». «Le donne nella scienza affollano i livelli bassi. Ci sono molte ricercatrici e solo poche raggiungono livelli alti – commenta Patrizia Caraveo, astrofisica del Cnr, che racconta di aver subito due volte una discriminazionale sessuale – È capitato nel 2003 e nel 2004 quando per i miei studi pubblicati su Science ho ricevuto il premio “uomo dell’anno”». […]
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