Guardo a Beirut le strade arate dalle bombe, le case sventrate, i ponti crollati, i serbatoi di carburante in fiamme, persone urbane in fuga senza sapere dove, in abiti occidentali anche eleganti, e vedo: è così che Israele vuole ridurre il mondo. Non si fermerà fino a che non l’avrà ridotto a macerie. Vuole farlo anche a noi. […] I missili atomici israeliani hanno Roma, Parigi, Londra come bersagli «agganciati». Van Creveld ce lo ha voluto far sapere: prima di crollare nelle fiamme del nulla, Israele vuole trascinarci tutti con sé. Sansone con tutti i filistei. Israele è disperato: sa che, nonostante tutti i suoi arsenali, come al demonio, al leone ruggente dell’Apocalisse, «gli è concesso poco tempo». Israele è disperato perché il resto dell’umanità può vivere senza di lui. È l’invidia di Giuda, la profonda invidia psicanalitica, che la spinge a devastare sistematicamente, rabbiosamente, ogni infrastruttura in Libano. […] Chi vuole il regno dell’aldiquà, già prova l’inferno in questa vita; cane pazzo assediato da cani pazzi, costretto a mordere e distruggere perchè nessuno sia felice, per spegnere sorrisi di bambini palestinesi, per tramutare le belle ragazze libanesi in profughe spaurite e scarmigliate, per deturpare la terra promessa, vigna del Signore, con un orrendo muro da paranoidi. Il «regno della promessa» senza Cristo è già l’inferno. E Giuda se lo sta creando da sé. Sappiamo che solo un piccolo resto infine dirà, cedendo, la parola soave: «Benedetto Colui che viene nel nome del Signore». Fino a quel giorno, Israele tesse attorno a sé la Gehenna, per sé e per noi.
Il farneticante articolo di Maurizio Blondet, fino a non molto tempo fa collaboratore di “Avvenire”, è stato pubblicato sul sito Effedieffe