Gentile direttore, ho letto su “Il Tempo” di domenica, l’articolo di Riccardo Pedrizzi “Staminali, perde la vita, stravince l’ipocrisia”. L’autore sembra persuaso che embrione e uomo siano la stessa cosa, e con disinvoltura usa espressioni come: “trasformare l’uomo in cavia”; “vivisezione dell’uomo”. A me sembra che questa uguaglianza: embrione – uomo, non sia sostenibile, perlomeno da un punto di vista religioso. Come è scritto nell’ordine naturale stabilito da Dio che degli embrioni diventino bambini e poi adulti e poi anziani e muoiano infine di vecchiaia, così nello stesso ordine naturale dovrebbe rientrare l’eliminazione della maggior parte degli spermatozoi e delle uova, e della maggior parte degli embrioni (aborti spontanei); il che è anche avvalorato dal fatto che la Chiesa giustamente attribuisce al volere di Dio le leggi naturali che regolano la trasmissione della vita umana (cf Lettera enciclica Humanae vitae). Ma se Dio ha stabilito la necessaria eliminazione della maggior parte dei gameti e degli embrioni, e certamente non quella dei bambini e degli adulti (non necessaria e non naturale) significa che ha una diversa considerazione degli uni e degli altri. Significa che per il Creatore l’embrione non è persona, altrimenti non ne avrebbe stabilita l’eliminazione nei primi momenti della sua esistenza.
La lettera di Veronica Tussi è stata pubblicata sul Tempo del 1 agosto