[…] E sull’azione di governo in tema di immigrazione, di cittadinanza, regolarizzazione, contrasto ai clandestini: «L’immigrazione clandestina – afferma il ministro – è un grande business della criminalità, che noi dobbiamo contrastare. Ammetto che nella maggioranza c’è chi rivendica la chiusura dei Ctp. Ma confido nell’ampia possibilità di ragionare con questa posizione».
Ministro Amato, il quotidiano dei vescovi, l’«Avvenire», si chiede se la cittadinanza favorirà l’integrazione degli immigrati o chi vuole sfruttarne solo i vantaggi. Giuseppe De Rita teme, invece, che senza integrazione economica e sociale questa legge non basti. Interrogativi che si accompagnano alle critiche dell’opposizione secondo cui la maggioranza invita all’invasione del paese, per calcoli elettorali. È così?
«Non ho il minimo dubbio che ci avviamo verso un mondo nel quale la contaminazione tra etnie, religioni, e culture collettive tornerà ad essere quello che era stato prima della formazione degli Stati nazionali, quando questi fenomeni erano assolutamente correnti, anche se accompagnati da fasi di sanguinosi conflitti. Dobbiamo evitare nel modo più assoluto – è l’errore del radicalismo di destra – il “noi e gli altri” come espressione di mondi che non comunicano, anzi che confliggono. Questo a prescindere addirittura da un altro tema, che per noi è importante: quello delle tendenze demografiche della vecchia Europa che ha bisogno, in realtà, per continuare ad esistere, di avere una popolazione non inferiore a una certa dimensione, con una forza lavoro che tendenzialmente superi gli anziani che non producono reddito. Ma devo tener conto, proprio per la tradizione storica, di una limitata capacità di assorbire l’immigrazione da parte della nostra società, una soglia che non posso superare per non provocare il demone della reazione negativa, che non a caso ha una sua rappresentanza politica. Devo stare attento a non scatenare la tigre».
Ma anche nella sua maggioranza ci sono spinte radicali, di segno opposto naturalmente, che teorizzano una politica di accoglienza senza freni…
«L’errore di questa impostazione è quello di non rendersi conto che c’è un’azione che va condotta, con la dovuta attenzione a sentimenti che esistono e che vanno affrontati. Devo aiutare i cittadini a superare le loro diffidenze, a cogliere il lato positivo della diversità e non spingerli ad alzare il ponte levatoio».
Quando si teorizza la chiusura dei Ctp significa che si vuole bloccare il rimpatrio, l’identificazione dei clandestini.
«L’immigrazione clandestina è un grande business della criminalità, che spoglia di risorse gli esseri umani e li manda a morire nel deserto o nel Mediterraneo. Noi dobbiamo contrastare questo business. Ammetto che nella maggioranza c’è chi rivendica la chiusura dei Ctp. Ma confido nell’ampia possibilità di ragionare con questa posizione. Naturalmente devo operare a monte, per evitare che queste carrette lascino i porti della Libia, perché se non lo faccio lancio un segnale alla criminalità organizzata: “Continuate a fare quello che state facendo”. Nessuno, nella mia maggioranza, mi dice che sbaglio. Però percepisco difficoltà ad accettare questa impostazione». […]
Ministro, se dovessimo sintetizzarlo in uno slogan, la sua politica sugli extracomunitari è quella permissiva dell’accoglienza senza distinzioni e limiti?
«Mi permetta di essere un po’ parroco, il messaggio è un altro: “Non vi odiamo”. Tutto quello che ho fatto finora è sottrarre questa gente a discipline che nessun italiano sopporterebbe per sé. L’ho fatto quando ho rivisto le norme sul ricongiungimento familiare, quando ho posto il problema della validità dei permessi di soggiorno in attesa di rinnovo. Le vessazioni sono inammissibili».[…]
L’indulto ci riporta all’immigrazione clandestina. Gran parte dei 5.300 «indultati» sono infatti stranieri irregolari, clandestini o con il permesso di soggiorno scaduto. Che fine faranno? Tutti rimpatriati?
«No. Sicuramente non lo saranno i 1.405 marocchini perché l’accordo di riammissione con il loro Paese non è funzionante. E siccome quei marocchini non si muovono dall’Italia, partiranno soltanto quelli che siamo in grado di rimandare nei loro Paesi. Applico alla lettera la Bossi-Fini che prevede l’ordine di allontanamento dal territorio nazionale. Sicuramente lo saranno quelli provenienti da Paesi con i quali c’è e funziona un accordo di riammissione. Non in Libia, io lì non ce li mando. E saranno espulsi quelli da espellere, a partire da quelli sospetti di commistione con il terrorismo. Per gli altri ci potrà essere o il Ctp o immediatamente l’ordine di allontanamento da parte del questore. Insomma, sarà applicata alla lettera la legge Bossi-Fini». […]
L’intervista completa è raggiungibile sul sito della Stampa