C’è chi si annoia, chi sbuffa, chi fa il cruciverba. La domenica milioni di italiani assistono a 100 mila omelie. Che un libro mette sotto accusa pur lasciando aperto un interrogativo: se la voce del magistero è debole dal pulpito, perché resta forte in campo sociale e politico? […] Le omelie rischiano di essere una grande occasione perduta per la Chiesa, denuncia Roberto Beretta, redattore delle pagine culturali del quotidiano Avvenire, autore di un saggio, ironico e pungente, appena pubblicato (Da che pulpito… Come difendersi dalle prediche, Piemme). Beretta propone di istituire una sorta di guida Michelin delle oltre 25 mila parrocchie italiane, assegnando a ciascuna da una a cinque aureole, a seconda della cura e del decoro nelle messe che vi si celebrano, omelie comprese. […] Ma il sociologo Domenico De Masi suggerisce di non coltivare troppe illusioni: se la predica non piace «non è colpa del linguaggio bensì dei contenuti. La secolarizzazione ha investito ogni parte della società e le chiese sono frequentate ormai da praticanti non credenti, impermeabili soprattutto agli insegnamenti morali della gerarchia». […] Provocatoria la proposta di Marinella Perroni, presidente del Coordinamento delle teologhe italiane: «La predicazione, comprese le omelie, andrebbe affidata a chi sa parlare, anche laici e donne se necessario». Ma per il momento niente da fare: le prediche durante la messa restano di esclusiva competenza dei sacerdoti. C’è solo da sperare che l’esempio di Benedetto XVI, che dedica gran parte del suo tempo a preparare discorsi e omelie, sproni i preti a fare altrettanto.
Il testo integrale dell’articolo di Ignazio Ingrao è stato pubblicato sul sito di Panorama