Riflessione sullo show di Roma

Madonna è un involucro lucido come i suoi abiti-corazza che riflettono il caos circostante, transgender in tutto, sesso, musica, moda, religione. Iconoclasta e adorata icona, «gay friendly», blasfema, spirituale, oscillante tra cristianesimo e kabbala, mistica popstar, insomma un’«enciclopedia vivente del contemporaneo» secondo l’Arcigay che le dà il benvenuto a Roma per il «Confessions Tour» di oggi allo stadio Olimpico. Città impazzita e trasporti pubblici deviati. Tutto normale. Ma la diva dal corpo mutante arriva nella capitale rincorsa da un coro di voci che la vogliono anticrista, e che invocano il boicottaggio, dalla Chiesa ortodossa russa a quella americana, da settori religiosi islamici a esponenti della comunità ebraica, mentre i vertici del Vaticano hanno già recensito il concerto «sacrilego». Madonna, poi, ha deciso di rendere omaggio a Jean Luc Godard e alla sua donna crocifissa di «Je vous salue Marie», altra «citazione» di un immaginario confuso tra le vittime sacrificali delle guerre e le pesanti croci d’argento appese sul decolté di ogni velina televisiva. La regina pop canterà «Live to Tell» issata su una croce ricoperta di centinaia di cristalli e con una corona di spine in testa, tragicomica performance del «contemporaneo», appunto. La morte e il reality show, ovvero il mondo così com’è. Alle denunce indignate della chiesa, la cantante ha spedito un invito a Ratzinger per bocca della sua portavoce: «Credo che il Papa apprezzerrebbe lo show e applaudirebbe la performance di Madonna». Al silenzio ostile del Vaticano pone rimedio la Margherita, che ci fa sapere in una nota congiunta firmata da Enzo Carra, Renzo Lusetti e Donato Mosella che l’invito «improponibile e inaccettabile» equivale a un scontro ricercato intenzionalmente dalla rockstar, a caccia di pubblicità. I deputati del centrosinistra si sentono quindi costretti «a scendere in campo» con i paladini della scomunica «per rivendicare il rispetto che è d’obbligo riservare al Papa». Ci sarebbe da sorridere, se non fosse per quel brivido di paura che precede ogni crociata censoria contro le forme dell’«arte degenerata», dipinta, filmata o urlata. Che l’«invito» sia allargato a tutti, credenti e non credenti, magari in diretta tv.
Fonte: IlManifesto.it

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