«C’è una differenza sostanziale tra la Repubblica islamica dell’Iran e gli altri Paesi che possiedono armi nucleari: la concezione apocalittica che caratterizza la visione del mondo degli attuali governanti dell’Iran», scriveva due giorni fa sul Wall Street Journal lo studioso Bernand Lewis, professore emerito alla Princeton University, in un articolo riproposto dal quotidiano Il Foglio. «Questa concezione», osserva Lewis, «influenza le posizioni e le politiche di Ahmadinejad e dei suoi seguaci e per questo il deterrente della distruzione reciproca, valido tra Stati Uniti e Unione Sovietica durante la Guerra fredda, è inutile». La tesi di Lewis non convince però l’hojatolleslam Mohsen Kadivar, un esponente del clero sciita che rifiuta la teocrazia perché incompatibile con la democrazia, una tesi che gli è costata 18 mesi di carcere durante la presidenza del riformatore Khatami. Kadivar, che porta il turbante nero dei discendenti del Profeta e il 23 settembre sarà ospite della manifestazione «Torino spiritualità», non crede alla visione apocalittica di Ahmadinejad e tantomeno alla sua devozione: «Si dimostra religioso, in realtà non lo è perché esterna troppo la propria fede. Ed è assolutamente impensabile che abbia incontrato il Mahdi, come ha affermato in occasione del discorso alle Nazioni Unite: chi incontra l’ultimo Imam non va certo a raccontarlo in giro!» E ora una precisazione. Ad avere l’ultima parola in Iran è il leader supremo Khamenei: controlla le forze armate, la polizia, le milizie islamiche, tv e radio di Stato, e decide nell’interesse della nazione, anche a costo di accantonare i principi islamici. budget del governo non consente la vendita sottocosto se non per quantità limitate. […] È improbabile che i vertici iraniani abbiano programmato l’apocalisse per il 22 agosto, la data entro cui daranno una risposta all’Ue sul nucleare. Lewis ipotizza l’apocalisse per il 22 agosto perché corrisponde al 27 del mese islamico di Rajab, nella cui notte si commemora il viaggio notturno di Maometto a Gerusalemme e l’ascensione in paradiso. Ma in Iran a essere in uso non è il calendario lunare islamico ma quello solare persiano, per cui forse gli ayatollah hanno banalmente scelto di dare una risposta al rientro dalle ferie, il 31 del mese di Mordad. Oltre al calendario persiano, gli iraniani usano quello occidentale, non certo quello arabo. […] Lewis ha comunque ragione quando sostiene che c’è una differenza sostanziale tra la Repubblica islamica dell’Iran e gli altri Paesi che possiedono armi nucleari: «Nella teocrazia iraniana ogni cosa trova giustificazione nella religione e gli ayatollah rivendicano, sulla base dell’Islam, il diritto al nucleare a scopi civili, mentre queste spiegazioni teologiche non sono state fornite dal Pakistan, un Paese islamico che si è già dotato dell’atomica», spiega Anna Vanzan, docente di lingua persiana alla Statale di Milano. «Rispetto al resto della regione», aggiunge la studiosa, «gli iraniani sono la popolazione più filo-occidentale e più istruita. Lo stile di vita è simile al nostro, in caso di attacco sarebbero pronti a difendersi ma non certo auspicando il martirio». […]
Il testo integrale dell’articolo di Farian Sabahi è stato pubblicato sul sito della Stampa