L’esecuzione fissata per oggi di tre cristiani indonesiani condannati a morte per le violenze interreligiose avvenute a Sulawesi cinque anni fa, è stata sospesa in extremis. Lo ha annunciato il capo della polizia nazionale parlando di un rinvio di almeno sei giorni. Per Fabianus Tibo, Dominggus da Silva e Marinus Riwu, condannati a morte per le faide inetrreligiose avvenute nel centro delle Sulawesi, è stata una corsa contro il tempo. E sino alla tarda notte di ieri sembrava non fosse servito a nulla nemmeno il telegramma inviato dal papa per chiedere clemenza, né l’appello della Conferenza episcopale locale firmato dal suo presidente, il cardinal Julius Darmaatmadja arcivescovo di Giacarta, o quelli siglati da leader di altre chiese e religioni, tra cui Arifin Assagaf, a capo del Consiglio degli ulema di Sulawesi settentrionale. Sembrava non fossero servite neppure le manifestazioni di centinaia di indonesiani dinanzi alla procura di Tentana, a Sulawesi. E neppure le pressioni che la Comunità di sant’Egidio, attraverso la Farnesina, aveva fatto arrivare alla presidenza finlandese della Ue che si è mossa per evitare l’esecuzione. Tutto restava appeso a un filo sottilissimo, nelle mani del cappellano e del funzionario di polizia locale. Poi la svolta, annunciata in televisione. L’esecuzione dei tre cristiani è controversa sotto più di un aspetto. Per chi detesta l’idea che uno stato possa decidere della vita e della morte di un uomo, il caso non si pone neppure, ma ci sono almeno altri due elementi da tenere in considerazione. Il primo è contingente: i tre dovevano essere giustiziati a pochi giorni di distanza da un’altra esecuzione fissata il 22 agosto per Amrozi, Imam Samudra e Ali Ghufron alias Muhklas, i tre stragisti reoconfessi che uccisero a Bali nel 2002. Si sono appellati all’ultima istanza possibile ma per ora un rinvio non c’è. La decisone, arrivata solo qualche giorno fa, di metter fine all’esistenza dei tre cristiani poteva dunque essere messa in relazione con l’esecuzione dei tre islamisti. Un modo per riequilibrare in un momento difficile in cui, infiammati dalla crisi libanese, gli islamisti radicali locali hanno ripreso fiato e vigore.
L’altra questione riguarda invece proprio Fabianus, Dominggus e Marinus. Forti dubbi sono stati sollevati sulla correttezza del processo e, mentre tutti i gradi di giudizio sono stati esauriti (le corti d’appello hanno respinto due domande di revisione), la voce corrente in Indonesia è che i tre siano i capri espiatori di una situazione complessa, come quella delle guerre tra islamisti e fondamentalisti cattolici nelle Molucche o a Poso, nelle Sulawesi. […]
Il testo integrale dell’articolo di Emanuele Giordana è stato pubblicato sul sito di Lettera 22