Il campanile in “ferro corten” della chiesa di S. Andrea di Pasiano verrà inaugurato domenica 3 settembre, dopo che saranno installate le quattro campane. Durante l’omelia domenicale il parroco don Luigi Coral l’ha definito «una costruzione imponente a poca distanza dalla chiesa che con la pioggia si colorerà da solo». Sì, perché il ferro corten nel giro di poco tempo si coprirà di ruggine, scudo protettivo studiato apposta per preservarlo dalla corrosione. Intanto non cessano le polemiche, tanto che l’opinione pubblica si è spaccata in due […] «Papà assomiglia a una torretta dei campi di concentramento» dice un ragazzino all’uscita dalla messa. «Stai zitto che può sentirti don Luigi», gli raccomanda il genitore. «Il progettista deve aver avuto un amico pompiere», sbotta un altro con un pizzico d’ironia, riferendosi alla somiglianza con le strutture dalle quali i vigili del fuoco si lanciano durante le esercitazioni in caserma. «I camionisti stranieri non avranno più problemi a trovare S. Andrea» aggiunge un operaio che lavora in un mobilificio. «Non è legato alla chiesa, è un errore madornale averlo costruito distante, quasi sulla strada» spiegano altri. […]
Il testo integrale dell’articolo di Gigi Piccinin è stato pubblicato sul sito del Gazzettino
Vorrei esprimere su quell’opera un mio modesto parere:
1 – effettivamente il “ferro corten”, come dice il parroco, con la pioggia (ma è sufficiente l’umidità dell’aria) “si colorerà da solo” assumendo il colore della… ruggine appunto. Da noi è stato utilizzato anni fa per costruire un ponte – brutto oltrettutto – che non ha suscitato alcun commento favorevole da parte degli architetti (forse anche perché era stato progettato da un ingegnere);
2 – non credo che agli automobilisti di passaggio interessi molto conoscere chi sia il parroco che ha commissionato l’opera o l’architetto che l’ha progettata, quanto il fesso che l’ha pagata; di sicuro non sono stati i pur munifici parrocchiani; è possibile vi abbia provveduto il novello Principe con i soldi dei contribuenti credenti, atei e financo comunisti (ecco lo zampino del diavolo!).
3 – fa male il sindaco di ritenersi in una botte di ferro per l’imprimatur dato al progetto dalla Curia (era lo stesso organo tecnico che voleva bruciare Galileo per voler far girare la terra intorno al sole); se invece a girare sarà il vento allora è possibile che finisca anche lui in una gabbia di ferro (corten naturalmente);
4 – in quanto alle sperticate lodi degli architetti… dico solo che “can no magna can”.
5 – I possibili rimedi: a) smontarlo integralmente e farne dono, a suggello dell’amicizia tra i popoli vicini, al trevigiano Comune di San Fior che il ferro lo fa nel sangue; oppure in via subordinata: b) demolire l’attuale chiesa e ricostruire la stessa in acciaio corten ad immagine e somiglianza della torre – campanile, obbligando il parroco, il Principe, il sindaco e gli estimatori a tenervi le funzioni religiose, estate ed inverno, finche morte non sopraggiunga.
Non credo che il 3 settembre potrò essere a Pasiano per l’inaugurazione e me ne dispiace. Mi sarebbe tanto piaciuto verficare di persona la mia tesi secondo cui il movimento delle campane non produrrà un “festoso scampanio”, ma bensì “un assordante clangore di ferraglia”. Ma lo verrò sicuramente a sapere in seguito leggendo le cronache del Gazzettino.
La lettera di Dino Sandrin è stata pubblicata sul sito del Gazzettino
Pasiano (PN): polemiche sull’avveniristico campanile
Un commento
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Il campanile, e il suo degno figlio, il campanilismo, è l’emblema fallico che tende al divino, ma veste il paese di provincialismo. Eretto infatti per manifestare il potere della divinità, o meglio dei suoi accoliti, tra le miserie della gente, e dunque con la maestosità dell’universalismo globale (quale primo e tenecesimbolo di multinazionale), il campanile infatti diventa araldo della comunità locale nella quale si insinua.
Non solo scandisce i ritmi di una giornata cadenzata da lavori non più dediti all’improvvisazione a al nomadismo, ma ordinati ed obbligati nella società, ma identifica un paese in tutta la sua vera o presunta superiorità. Il campanile di Modena è il simbolo che urla sul campanile di Bologna, e così via, in un fremito di orgoglio uno contro l’altro che scuote i primi Comuni.
E sono proprio i Comuni, in un primo slancio di laicismo, ad erigere il municipio con la torre. E poi l’orologio municipale, a contrastare i dettami delle campane.
Ma anche per loro, plagiati da secoli di dominazione teocratica e dogmatica, si tratta pur sempre di campanilismo, nella lotta tra i Comuni nascenti, ben lontana dall’idea di un unico Stato unito.
Ben vicina al “dividi et impera” forgiato abilmente dalla Chiesa.
Giovanni Sicuranza, Socio UAAR. Bologna