Gentile direttore, giuste parole quelle di Benedetto XVI riguardo “ai pericoli di un’attività eccessiva”, però vale forse la pena di soffermarsi sul seguito del discorso riguardo al primato della preghiera e della contemplazione, giacché si rischia di fare confusione. Anche Giovanni Paolo II, durante il Discorso alla Plenaria della Sacra Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari, il 7 marzo 1980, aveva detto: «La Chiesa manifesta al mondo la preminenza della contemplazione sull’azione, di quello che è eterno su quello che è temporale». E lo diceva a proposito della vita di clausura. Ma il primato della contemplazione non è relativo alla quantità del tempo, ma alla qualità. Non è la preminenza della inoperosità sulla operosità, dell’inerzia sull’attività. Così, è anche sbagliato esagerare nell’altro senso: dedicare troppo tempo alla contemplazione, e quindi alla inattività. Il Signore anche sentiva ogni tanto il bisogno di appartarsi, ma il vangelo è azione, è movimento. Gesù stesso era un uomo d’azione: la sua vita fu un cammino, ed invitò gli apostoli a fare altrettanto: «Andate per tutto il mondo e predicate il vangelo a ogni creatura» (Mc 16,15). Quanto alla preghiera, è superfluo dire che essa non consiste nel dedicare ore alla ripetizione di paternoster ed avemarie; ogni pensiero del cristiano rivolto a Dio è preghiera, e quindi può avvenire continuamente, durante il lavoro e persino durante il divertimento.
La lettera di Renato Pierri è stata pubblicata dal Tempo di oggi