Il dibattito sui “valori asiatici”, un sistema di valori socio-culturale da contrapporre ai valori dell’Occidente di fatto dominanti altrove ma che in Asia vedono una serie quasi infinita di mediazioni e di sintesi, resta attuale, anche se alcuni tra i suoi maggiori teorici e sostenitori sono oggi scomparsi oppure hanno un ruolo politicamente più defilato. «È importante stabilire dal principio se non esistono valori intrinseci che separano l’insieme degli asiatici dal resto della popolazione mondiale e che identificano il complesso della sua immensa ed eterogenea popolazione – sostiene Francis Fukuyama, filosofo e docente di economia politica, sostenitore della fine delle ideologie e della vittoria del liberalismo – . La tentazione di vedere l’Asia come una singola entità rivela una tipica prospettiva eurocentrica. Allo stesso modo, però, i sostenitori più qualificati e attivi del concetto di “valori asiatici” hanno teso a vedere soprattutto nell’Asia orientale l’area di applicazione delle loro teorie». Una volta accettato che l’Asia non è una realtà culturalmente omogenea, andrebbe compreso attraverso quali specifici meccanismi abbia avuto luogo lo stupefacente sviluppo negli ultimi decenni, ancor più evidente se confrontato con altre aree del mondo. […] Dovun que in Asia la percentuale della popolazione al di sotto della soglia di povertà è diminuita della metà e poi di tre quarti». Quale ruolo in questo sviluppo hanno avuto i valori tradizionali, o la versione politica che si vorrebbe dare di questo insieme di valori? «A proposito della natura e dei limiti dei valori asiatici, la loro sponsorizzazione ha spesso a che fare con la pretesa di resistere all’egemonia dell’Occidente – sosteneva un decennio fa l’economista bengalese Amartya Sen, per confutare teorie che a quel tempo riscuotevano un grande seguito e sembravano, di fatto, prefigurare un diverso e più conflittuale rapporto tra Asia e Occidente – […] Culture e tradizioni spesso si sovrappongono in aree come l’Asia Meridionale e Orientale, ma anche all’interno di singoli paesi come Giappone, Cina e le due Coree. Tentare quindi generalizzazioni a proposito dei “valori asiatici” non può che dare risultati deludenti. […] I sostenitori della specificità asiatica ammettono una eterogeneità interna al continente, ma in un contesto di diffidenza o sfiducia verso il liberalismo politico. «Il riconoscimento dell’eterogeneità delle tradizioni dell’Asia non pone fine al dibattito sulla presenza o l’assenza di un impegno per l’affermazione di libertà individuali e di scelta politica nelle culture asiatiche. Perché – sostiene ancora Fukuyama – , è qui che la diversità dei sistemi di valori asiatici diventa centrale. Il vero problema non è se nelle tradizioni asiatiche siano presenti elementi illiberali, ma se in esse siano assenti volontà e prospettive di libertà». Una risposta indiretta a questo quesito fondamentale la si può trovare nella significativa dichiarazione congiunta rilasciata nel 1992 dalle organizzazioni non governative dell’Asia sudorientale, in preparazione della Conferenza mondiale sui diritti umani: «I diritti umani universali hanno radici in molte culture. Affermiamo la base dell’universalità dei diritti umani che conferiscono protezione a tutta l’umanità, comprese categorie specifiche come le donne, i bambini, le minoranze e le popolazioni indigene, i lavoratori, i rifugiati e i profughi, i disabili e gli anziani. Sebbene proclamino il pluralismo culturale, le prassi culturali che derogano ai diritti umani accettati universalmente, compresi i diritti delle donne, non devono essere tollerate. Poiché i diritti umani sono di rilevanza universale e hanno valore universale, la rivendicazione dei diritti umani non può essere considerata un’ingerenza nella sovranità nazionale».
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