Il Vaticano boccia il metodo messo a punto dall’Advanced Cell Technologies per prelevare staminali dagli embrioni senza danneggiarli. ‘Le sperimentazioni annunciate – spiega monsignor Sgreccia, presidente della Pontificia Accademia della Vita – restano sempre nell’ambito della procreazione in vitro, di produzione di embrioni in vitro o per clonazione o per la fecondazione artificiale. Cio’ da un punto di vista non solo cattolico, ma da un punto di vista bioetico e’ un fattore negativo’.
Questo ovviamente è il “loro” punto di vista, minoritario (e non di poco) a livello scientifico.
Peccato che la notizia era un falso perciò la Chiesa ha fatto bene a bocciare la cosa!
La Chiesa ha criticato la notizia, e dunque le ha dato credito. Non ha smentito la notizia in quanto falsa, per cui non si capisce in quale circostanza avrebbe ben fatto.
Senza cosniderare che, damedico, soche la notizia non è affatto falsa. Solo descritta con la solita semplicità sensazionalistica mediatica.
Nel frattempo il suo fare bene si traduce nel bloccare la ricerca con stampo teocratico che ben si modella nei secoli di vassallaggio italiota.
La sacralità della vita embionale è finalizzata allo scopo di plamasmare quante più coscienze possibile.
Il diritto della donna si ferma nel dogma e rimane privo di evoluzione, ad uno stadio pre-staminale.
Il dirittodell’individuo a nascere è più forte del diritto di ogni individuo a formarsi un libero pensiero. Più forte dle diritto del bambino a vivere senza traumi, in quanto la pedofilia, se avviene, come ampiamente avviene, tra i ministri del culto, è reato minore (come insegna il neo catechismo di Benedetto ampliato dall’orrido insegnamento del suo predecessore) da occultare. Il prete pedofilo è semplicmente temporaneamente spostato ad altre diocesi. Qui, in attesa di eventuali ritorni, può compiacersi con altre anime e corpi.
Una mia riflessione. Che, se vorrete, potete rendere puubblica.
Catodica santità di Giovanni Sicuranza
Questa sera (27 agosto 2006) l’echeggiare mediatico segna un altro punto a favore della mirabilis sintesi papalina.
Tra bisbigli di stoviglie e ruminazioni mandibolari, assidue forse per mancanza di quelle cerebrali, l’attuale pontefice ha rivolto un pietistico pensiero a tutte le mamme preoccupate per i figli “scapestrati”. Tralasciando il significato di scapestrato nell’idioma “cattolichese”, il conforto per queste “spose e madri” è ovviamente rivolgersi a Dio, nell’esempio della santa di turno.
Tra gli sguardi ammirati dei presenti, sui quali le telecamere si strusciano in commossi primi piani (il primo piano amplifica il particolare e nasconde il numero delle persone), giunge accorata la soluzione del summo pater. E, ancora una volta, una santa è indicata come altare del senso religioso popolare, come figura da imitare, come presenza iconografica e mentale a rapido uso della massa.
Spargere santi per celebrare e fortificare la religione nell’antica e mai sopita superstizione paganeggiante del credente è una tattica che si dimostra vincente. Gregorio Magno insegna, Giovanni Paolo II modernizza e amplifica. Avere un santo a cui rivolgersi, uomo o donna che sia, soddisfa l’esigenza di culto immediata e permette alla comunità di avere idoli più comprensibili di astratte divinità.
In questo caso, il messaggio è rivolto alle madri e la santa da prendere come riferimento, nella comunione intorno a Dio, è già pronta all’uso.
Nello stesso tempo la figura di umana santità rafforza il messaggio solo apparentemente lasciato tra le righe della solennità papale. La donna è “sposa e madre”.
Ancora e solo.
La donna non è donna, la donna non è compagna. Forse la donna non è nemmeno zia?
Mentre il giornalista declama senza nemmeno un anelito critico il discorso del papa, mi chiedo quale santo si dovrà mai affittare per citare anche i padri afflitti da figli scapestrati. Forse il papa non ne ha accennato perché gli mancava l’esempio, forse perché un padre non deve preoccuparsi del comportamento del figlio.
Forse perché al caro Benedetto interessava solo ribadire con la forza di un esempio il ruolo passivo della donna nella famiglia e nella società.
Mentre queste mie domande scuotono silenziose il dogma del televisore, mentre il filmato si dilunga sugli occhi serrati del santo padre, lui così afflitto per le sorti di noi miserrimi peccatori, lo sguardo sorvola la sigla brillante in fondo a destra.
“TG”, informa. Credevo stesse per “TeleGiornale”, ma forse vuol dire “TeocraticoGiornale”.
Laici saluti.