Signori laici, siete disposti a essere coerenti con la vostra richiesta di laicità dello Stato? Alle feste religiose (Natale, Pasquetta, Ferragosto, Epifania, Ognissanti, Immacolata Concezione, Santo Stefano) i lavoratori dipendenti o stanno a casa pagati, o lavorano pagati il doppio. In nome della laicità dello Stato, siete disposti a rinunciare a tali feste e ad abolirle? La domenica è festiva – giorno di riposo settimanale per motivi religiosi. E’ una piccola Pasqua cristiana. E chi lavora è pagato di più. Siete disposti a rinunciarvi? A lavorare sette giorni su sette, senza avere il settimo giorno pagato in forma straordinaria? Oppure, se si dispone di un riposo infrasettimanale, a lavorare la domenica senza la suddetta maggiorazione? Laicità è anche questo. Rinunciare ai vantaggi della religione. Siete disposti a farlo?
Michele Schiavino – Torino (lettera al Secolo XIX)
E lei, caro signore, è disposto a lasciare ai laici, e a tutti quanti gli altri, la conquista delle 40 ore settimanali di lavoro? Se ce la fa, come la mettiamo? Che i cattolici fanno le loro 40 ore seguendo il calendario dei santi e delle ricorrenze cattoliche e gli ebrei, i musulmani, i zoroastriani, i buddisti, i mormoni, i valdesi, e gli stessi laici i loro calendari? Lei lavora il 25 aprile e il Primo Maggio e il suo vicino di scrivania o di tornio per Natale e per Pasqua? E siccome i laici sono più parchi di festività, che dovranno fare, sempre per stare nelle loro 40 ore (o 36, o quante contrattualmente spettano loro)? Dovranno istituirne di nuove tutte loro? La presa di porta Pia? Il natale di Sandro Pertini? Suvvia, caro signore, non guasti con le frivolezze una cosa così seria. Gli uomini e le donne di questo Paese hanno accettato da un bel po’ di tempo di festeggiare tutti assieme
e tutti assieme di lavorare. Festeggiano il Natale del Cristo il 25 dicembre, credenti o meno, sapendo tutti, per altro, che il Cristo mica è nato in quel giorno, e che il calendario cristiano si è sovrapposto a suo tempo a un altro e più antico calendario pagano. Così come, di fatto, a quello cristiano se ne è sovrapposto uno laico e un altro ancora neopagano, se così vogliamo chiamare la festa orgiastica del consumismo e dello spreco che si è impossessata del 25 dicembre e dintorni. In nome della laicità dello Stato, cattolici, buddisti e non credenti dovrebbero poter vivere concordemente cittadini dello stesso Paese con spirito di tolleranza e fraternità, cosa che mi pare a lei sfugga. Si figuri che anche i lavorarori dello Stato Vaticano, fanno festa il 25 aprile!
La risposta di Maurizio Maggiani, sempre dalle colonne del Secolo XIX