Dal punto di vista storico, la distinzione tra principi morali e principi politici è certamente giustificata. Lungo il tragitto che abbiamo sin qui percorso è emersa, e con considerevole rilevanza, come la dimensione morale si leghi – per noi italiani – alla Chiesa e quella politica (amministrazione della polis) si riferisca allo Stato. Ma la distinzione si giustifica anche sul piano dei principi, e forse è essa stessa un principio. Esiste l’atto della delega ma, non vi è dubbio, non tutto nella nostra vita è delegabile; non è possibile essere gestiti in toto, riducendoci alla stregua di un semplice oggetto maneggiato da qualcuno, sia pure prescelto da noi. Dobbiamo poter scegliere a chi affidare la nostra delega, ma anche di revocare tale scelta. Ci sono tuttavia dimensioni che non sono delegabili e che rimangono legate all’individuo, a ciascuno di noi. Non è delegabile ciò che riguarda il senso della vita, mentre è possibile delegare su questa o quella modalità dell’esistenza, e financo le convenzioni che permettono di vivere in maniera serena e talora felice facendo parte di una collettività. Forse è proprio questa la caratteristica essenziale dei princìpi che abbiamo chiamato «di base» o «princìpi primi»: di non essere cioè delegabili. Tra tali princìpi rientrano quello, già richiamato, del rispetto della vita umana e, ammesso che non sia dato di vederlo come l’altra faccia dello stesso principio, quello del rispetto della morte umana. […]
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