Esiste sfera pubblica senza radici giudaico-cristiane?

Cercherò di riflettere sulla presenza della fede cristiana nella sfera pubblica. […] Mi ritrovo nella formulazione del problema fatta da Pierpaolo Donati, quando parla di un «contrasto fra una sfera pubblica eticamente neutrale (alimentata dalla globalizzazione) e una sfera pubblica eticamente qualificata (attraverso la fioritura di un pluralismo sinergico delle comunità religiose). La democrazia deve scegliere se affidarsi (più) all’una o (più) all’altra. Ma questa scelta comporta dei dilemmi che la democrazia stenta perfino a identificare e tanto meno sa affrontare» [in Carmelo Vigna – Stefano Zamagni, Multiculturalismo e identità, Vita&Pensiero 2002]. Cercherò di riflettere ora da questa prospettiva. Una sfera pubblica completamente neutrale dal punto di vista etico è impensabile; è impraticabile; è da evitarsi. E ciò si può capire partendo anche dai due presupposti fondamentali della tesi della neutralità etica, autonomia ed uguaglianza, declinate secondo il paradigma di una concezione della giustizia «politica e non metafisica»John Rawls). Se infatti il prezzo da pagare dal credente per l’ingresso nella sfera pubblica è la rinuncia pura e semplice alla sua identità religiosa, non sarebbe solo violato il diritto alla libertà religiosa ma soprattutto verrebbe negata l’identità culturale delle persone. L’ideale democratico sarebbe quello di edificare una società di anonimi, di individui astrattamente concepiti e sradicati dalla loro appartenenza identitaria. Ma il punto più delicato e bisognoso di rigorizzazione concettuale riguarda il tema della «qualificazione etica» della sfera pubblica. […]

L’articolo completo di Carlo Caffarra è disponibile sul sito di Avvenire