Dio è moderato? Lee Harris («che fa parte della crema dei saggisti », lo dice il Foglio) risponde: Dio è uno strumento utile. Ma va interpretato nella moderazione. In un certo senso conforta Angelo Panebianco, il quale (Corriere della Sera, 19 settembre) tralascia il Dio della Bibbia che ordina i massacri di Giosué, per ombreggiare gli insegnamenti che scendono dal Signore dei fanatici,musulmani bomba e coltello. Analisi senza speranza: «L´introvabile Islam moderato ». I tre cristiani fucilati dopo il processo senza prove nell´Indonesia fanatica sono l´orrore che lampeggia al neon. Perché tutti i cristiani sono moderati compresi i cristiani naziskin, cristiani xenofobi russi, i cristiani americani che torturano, cristiani della Lega. I musulmani no. Ne devono fare di strada per dimostrare d´aver capito la lezione moderata della nostra civiltà. Potrebbero accorciare i secoli prendendo esempio da Dania El Mouti, ragazza marocchina cresciuta a Brescia: ha dedicato una poesia bella e triste alla giovane pakistana sgozzata dal padre perché fumava, ballava, viveva fuori casa nel sacrilegio dell´amore cristiano. Dania si commuove davanti al microfono bene illuminato dalle luci di miss Italia. È una delle finaliste in mutande verdi, numero 065. E i giornali impazziscono: allegra, moderna, indipendente da padri e fratelli incupiti dal dogma dell´uomo padrone. L´essersi tolta il penultimo velo ha suscitato la comprensione guardona degli ariani dal sangue debole. Con lei si può andare d´accordo, sembra quasi cristiana se lasciamo fuori la busta paga del lavoro nero. Per sciogliere la diffidenza si consiglia le ragazze dell´Islam di esibire in un certo modo il loro moderatismo e far sapere che l´Islam moderato esiste davvero: passeggia in mutande a Salsomaggiore. […] Ecco perché trascrivo (quasi per intero) la lunga lettera di una signora di Silea, otto chilometri da Treviso, provincia di emigranti, sono tornati e in tanti e hanno scelto di dimenticare la prima vita di randagi. I ricordi della signora richiamano le cronache dei nostri giorni. Nata in Francia, è tornata nel Veneto e non sopporta la banalizzazione di certi titoli e la paura gonfiata da racconti che esasperano la diffidenza. Sa cosa vuol dire «essere diversa fuori », e ha conosciuto l´emarginazione dell´«essere diversa dentro». Né sangue, né tragedie nelle pagine del suo diario breve: «solo» le umiliazioni di ogni giorno. Motivo dello sfogo proprio la cronaca che sorride per la marocchina desnuda. «La vita è più complicata», scrive la signora. La madre è nata a Parigi nel 1925, Impasse Philidor, 8, Ventesimo Arrondissement, figlia di un carrettiere scappato dall´Appennino tosco emiliano. Non sopportava la miseria e non voleva finire come gli orsanti delle sue montagne attorno ai Campi Elisi per far ballare «belve» spelacchiate mendicando qualche moneta. […] Sono 95 milioni le donne scappate l´anno scorso dal dolore e dalla fame. Numeri delle Nazioni Unite. Lasciano le case per nutrire da lontano la sopravvivenza di figli e mariti coltivando altre speranze: diventare persone liberate dall´invisibilità della donna che non conta e non decide. In certi Paesi velo o burka sono solo i simboli di una emarginazione più profonda. Nella non speranza di chi non può scappare, l´integralismo diventa la rassegnazione dell´eternità. Chi sbarca dall´oriente e dall´altra Europa resta ancora diversa, come la bambina di Parigi: se intelligenza e cultura non venivano considerate nei loro Paesi, il sogno di perdere l´invisibilità nelle città delle vetrine è frustrato. Vengono accettate come corpi, non come persone. Corpi da ammirare, corpi da lavoro, corpi da nutrire, corpi che fanno figli destinati a riempire i banchi vuoti delle scuole, corpi das fruttare nella prostituzione. L´anno scorso ottocentomila ragazze sono finite così. Purtroppo stiamo invecchiando e le mani di una donna diventano mani d´oro: badanti, infermiere, medici. Se alla frontiera si presentassero vestite da crocerossine, quasi quasi le fanno passare senza documenti. […] Ancora diagrammi malinconici Onu: negli ultimi cinque anni 191 milioni di persone hanno abbandonato le loro case, altri venti milioni sopravvivono nella clandestinità. Attraversano campi minati, rischiano di sparire in mare, sopportano la spogliazione delle polizie dei paesi di passaggio. Lavorano come muli: dei 230 miliardi di dollari che nel 2005 gli emigranti hanno spedito dal primo mondo al loro mondo, più della metà sono risparmi di donne. […]
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