Arrivano dal nordest dell´India dopo aver attraversato l´oceano della Storia. Perciò non bisogna stupirsi se hanno occhi a mandorla, passaporto indiano e un´antica fede ebraica. Sono, dicono, i discendenti della tribù di Menasse, esiliata e dispersa in Asia dopo la conquista assira del regno d´Israele nel 722 a.C. I «Bnei Menashè», letteralmente «figli di Menasse», non sono una novità nel fluire dell´immigrazione verso la Terra dei Padri. Alla spicciolata, su base più o meno individuale, ne sono già arrivati un migliaio negli ultimi due decenni. Per la prima volta, tuttavia, un gruppo di 218 Shinlung, o Mizo-Kuki-Chin, come vengono definiti dagli antropologi, sbarcheranno nei prossimi giorni all´aeroporto Ben Gurion, preceduti e seguiti, proprio in quanto «gruppo», da qualche polemica. Nascosti come sono stati per secoli nelle pieghe della Storia, perseguitati per le loro credenze religiose, privati delle loro case e delle loro terre, venduti come schiavi, sballottati dall´estremo oriente cinese al Tibet, questi ebrei dalle fattezze mongole si sono infine ritrovati in due regioni indiane, Maniour e Mizoram, al confine con la Birmania. E qui, nella seconda metà dell´Ottocento e fino agli inizi del ventesimo secolo, hanno dovuto subire l´offensiva dei missionari anglicani che li hanno convertiti a forza al cristianesimo. Non ci sono documenti che possano dimostrarlo, perché i popoli reietti non hanno archivi in cui preservare le tracce delle proprie radici, né tribunali cui potersi appellare. Ma le loro leggende, passate di bocca in bocca prima della loro conversione, parlavano di una patria amata da cui furono scacciati, di un viaggio interminabile e periglioso culminato nell´attraversamento di un mare di colore rosso. E che dire della festa del raccolto, che sembra evocare eventi tali e quali quelli riferiti nel Libro dell´Esodo? […] La polemica interna invece s´accende quando, in vista dell´operazione che prenderà il via nei prossimi giorni, il ministro israeliano dell´Assorbimento, Zeev Boim, annuncia che i 218 – la cui conversione risale già all´anno scorso – potranno giungere in Israele non prima che il governo decida quale atteggiamento tenere verso le altre migliaia che hanno manifestato il desiderio di convertirsi ma non lo hanno ancora potuto fare. Michael Freund, fondatore di un altra organizzazione favorevole all´accoglimento dei Bnei Menashè, spara a zero accusando Boim di tenere una linea «illegale, immorale e contraria ai valori del sionismo e dell´ebraismo». Per questo, oggi, il ministro dell´Assorbimento, a proposito dei 218 nuovi immigrati, parla di una decisione «una tantum», destinata a non ripetersi. […]
Fonte: Repubblica del 27 settembre 2006