Nelle stesse condizioni di Welby: vuole vivere, ma rivendica il diritto alla libertà

La sua vita è un ossimoro che lei cavalca come un’amazzone. E’ una guerriera Marina Garaventa che combatte immobile nel suo letto. A 42 anni, mentre era nel pieno della sua vita, è stata colpita dalla rara sindrome di Guillan Barrè che prende le fibre nervose provocando paralisi a vari livelli. […] la sua sopravvivenza dipende da un piccolo sofisticato ventilatore computerizzato che funziona 24 ore al giorno per pomparle aria nei polmoni. […] Un’esistenza simile a quella di Piergiorgio Welby. Rispetto all’uomo che ha riaperto in Italia il dibattito sull’eutanasia, Marina Garaventa muore dalla voglia di vivere, «alla morte voglio arrivarci viva» dice, ma questo non le impedisce di chiedere ai politici e ai parlamentari italiani il coraggio di una legge che dia la possibilità di scegliere la resa. […] Dal suo letto comunica con il mondo: chatta con gli amici e anima il suo blog www.laprincipessasulpisello. splinder.com. E ride. Sbaglia chi pensa ad una smorfia di dolore, il suo è un sorriso ironico che sembra domandare: «chi meglio di me può essere la principessa sul pisello?». Il letto c’è, il pisello così scomodo da morirne anche, ma per essere più chiara ha voluto riscrivere la fiaba di Hans Cristian Andersen: “La vera vita della principessa sul pisello” sarà in libreria a fine anno. Favola sì, ma amara in cui si parla di malattia, suicidio ed anche eutanasia. «Personalmente sono contraria all’eutanasia, non voglio darla vinta a nessuno figurarsi alla morte. Ed è anche per questo che nonostante tutte le sofferenze non ho mai pensato al suicidio, forse è una questione di orgoglio, non certo una convinzione religiosa. Allo stesso modo, però, ritengo che chi vuole, chi non riesce più a sopportare una malattia come questa e come tante altre, debba avere il diritto di andarsene. D’altro canto lo fanno già». Dal suo letto, dal suo mondo silenzioso che è a portata di mano attraverso il pc e un programma di scrittura e di sintetizzazione della voce, Marina Garaventa guarda dritta in faccia la realtà: «Sul mio blog parlo di tutto e con tutti. Conoscevo un ragazzo genovese affetto da Sla che ha deciso di non alimentarsi più artificialmente. Ho provato a convicerlo a mangiare, gli ho mandato le pappe artificiali. Ma è stato irremovibile ». Una fermezza dietro cui si è nascosta l’eutanasia passiva. E lei, come nel caso di Welby, non ha giudicato. «Secondo me, l’eutanasia deve essere possibile. Quando uno è in queste condizioni, la medicina può far ben poco. Quando io mi sono ammalata, ad esempio, nessuno scommetteva su di me. Io ce la sto facendo solo perché lo voglio, ma se manca la volontà manca tutto». […] Marina vorrebbe vedere il parlamento italiano affrontare seriamente la questione eutanasia partendo dal testamento biologico, «non può mica occuparsi solo di calciopoli», e assumersi le proprie responsabilità, a destra e a sinistra, «interrogandosi sul senso della vita e sulla dignità dell’essere umano». […] Un viscerale attaccamento alla vita, nato dalla consapevolezza che a minarla e a darle il colpo finale bastano nomi dolci come Ehlers Danlos e Guillann Barrè. Ma è con la stessa visceralità che Marina Garaventa è decisa a lottare perché, chi vuole, si possa staccare dalla vita che non è più tale.

L’articolo di Alessandra Costante è stato pubblicato a pagina 6 de “Il Secolo XIX” del 29 settembre 2006

5 commenti

ignazio

Brava Marina! 1000 volte Brava. Il Tuo pensiero è l’unico normale e degno di un essere umano.
Chiunque voglia imporre con la forza il proprio pensiero … sarebbe meglio che andasse a pensare da un’altra parte.
Un cordialissimo saluto a Marina.

Dandus

E’ bello sentire pareri di gente che, pur in condizione di poter desiderare l’eutanasia, sceglie di andare avanti ma si batte ugualmente per la libera scelta personale.

-Era-

@ignazio: Perché ritieni che il pensiero di Welby non sia “degno di un essere umano”? Cosa ne sai tu di come si vive in quelle condizioni? La chiami vita? Se non avessimo inventato tutte queste assurde macchine per illuderci di distruggere la morte forse non avremmo tanta sofferenza prolungata così a lungo….

ignazio

@Era: personalmente condivido al 100% il pensiero di Welby; e a questo punto appare chiaro che non posso dire altrettanto sulla scelta di Marina. Ciò che ho apprezzato molto di Marina è il diritto di scelta individuale che ha espresso.
Questo a rimarcare che l’esistenza di una legge che consenta l’eutanasia non è un’imposizione – come vogliono far intendere i contrari a tale diritto – ma consentire una libera scelta individuale.
Sono proprio le libere scelte individuali che non vanno giù a … certuni i quali ritengono che il nostro corpo non ci appartenga e su questa convinzione vogliono imporre, con prepotenza e arroganza, il proprio credo.
Personalmente sarei più favorevole al suicidio assistito, come già legale in alcuni cantoni svizzeri (guarda caso i cantoni non cattolici) , poiché ritengo che “uscire dal mondo” debba essere un atto volontario e non demandato ad alcuno, fosse anche il proprio medico curante.
Un cordialissimo saluti a Marina, Welby e Era.

-Era-

@ignazio: ti chiedo scusa, avevo completamente frainteso il tuo scritto.
La pensiamo allo stesso modo.

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