Quel piccolo professore e la sua grande denuncia

Non si conoscono nei dettagli le motivazioni che hanno spinto il preside del liceo Pierre-Paul Riquet di Saint Orens de Gameville, in provincia di Tolosa, a licenziare il professore Robert Redeker, docente di filosofia, agli onori della cronaca in questi giorni per un articolo apparso su Figaro. C’è da augurarsi comunque che non sia questa la ragione di una così drastica punizione, che va altrimenti trovata nella condotta professionale del docente, certo non colpevole, quando ha dato forma al suo profondo disagio, scrivendo un pezzo critico sull’intolleranza islamica verso il famoso discorso di Ratisbona di Benedetto XVI. Che lo sconosciuto professore si sia mosso, pur con toni aspri e poco accomodanti verso quello che ritiene essere un attacco ideologico contro l’Occidente, che “vuole imporre la sua cappa di piombo sul mondo”, reso pavido dalla violenza dell’aggressione islamica di questi tempi, è non solo un diritto della sua coscienza intellettuale, ma anche un monito per i molti ben più famosi maître à penser di casa nostra, che, timorosi, sembrano impotenti a creare le condizioni per un costruttivo dibattito sul futuro della nostra cultura. A dire il vero, in Francia più di uno si è mosso per difendere questo inalienabile diritto intellettuale di critica nei confronti di eventi così rilevanti, a cui tutti assistiamo con trepidazione. Anche lo Stato sembra essersi sensibilizzato, offrendo protezione al professore, contro cui si è scatenata la fatwa islamica. […] La resa progressiva dell’Occidente non può irrimediabilmente consumarsi, e, se basta il grido di un oscuro professore francese a scatenare contro di lui l’ira islamica, dovrebbe ricordare ai molti l’ineludibile compito di salvaguardare l’anima della propria civiltà, senza offendere la sensibilità religiosa di alcuno e con l’intento costruttivo di rispondere ad una identità forte con una altrettanta identità salda e motivata. E’ questo l’unico modo per reagire all’attacco islamico contro Benedetto XVI, che non sembra ancora spegnersi, e che a Ratisbona – bisogna ancora ripeterlo? – non ha inteso colpire alcuna religione, ma solo ribadire con forza la doppia anima dell’Europa, erede della tradizione cristiana e figlia della ragione illuministica, sviluppatosi nei secoli in un intreccio virtuoso, oggi più che mai da potenziare. Nel rispetto del patrimonio che ogni religione custodisce, ci si dovrebbe tutti preparare ad un duplice impegno: quello di comprendere e valorizzare il fondamento della propria tradizione, nella fedeltà all’evento fondativo della Rivelazione che l’ha suscitata e, al contempo, instaurare – a livello teologico e culturale – un sano rapporto tra fede e ragione, così da coltivare una necessaria mediazione ermeneutica e critica. […]

Fonte: Avvenire.it

5 commenti

Paolo

” … rispondere ad una identità forte con una altrettanta identità salda e motivata”

Perfetto, la quadratura del cerchio. Gli islamici vogliono conquistarci? Niente di meglio che reagire con una controffensiva di cattolicesimo. Dalla brace nella padella, ok, ma c’è poco da stare allegri.

Sono convinto che non c’è nessuna speranza di dialogare (= ragionare) con chiunque abbia una qualche Fede in Qualcosa, poichè la Fede presuppone la rinuncia alla Ragione, che invece è basata sul Dubbio. Estrapolando: la Fede è qualcosa che espelle la Ragione e ne prende il posto. Non molto diversa da un’infezione o da un parassita. Un’infezione ha il solo scopo di propagarsi il più possibile, per cui fermarla – con qualsiasi mezzo – diventa semplicemente legittima difesa.

Vincenzo

Sono daccordo con Paolo.

Trovo che le più grandi conquiste l’uomo le abbia fatte mettendo in dubbio se stesso e il modo che lo circonda. E cmq io sono europeo ma non per questo cristiano. Anzi più che di tradizioni e cultura europea con radici che affondano nel cristianesimo bisognerebbe far notare a colui che ha scritto quell’articolo poche piccole cose.
1) Le tradizioni nascono da eventi passati e si fondono con la vita quotidiana.
2) La chiesa cattolica e cosi radicata nel territorio a causa del conservatorismo di alcune zone e regioni.
3) Le tradizioni e la diffusione del culto cattolico sono derivate da un epoca oscura in cui se non eri cattolico ti facevano letteralmente la pelle.
4) L’identità Europea non è direttamente riconducibile ad una religione, ma semplicemente ad un area geografica, visto che siamo molto diversi come usi e costumi e lingua.

Carlo

“L’identità Europea non è direttamente riconducibile ad una religione, ma semplicemente ad un area geografica, visto che siamo molto diversi come usi e costumi e lingua.”
Non concordo. Esiste da secoli una tradizione di cultura europea comune, seppur coniugata in maniera diversa. Non ha nulla a che fare con la religione (ci dimentichiamo forse che protestanti e cattolici si sono fatti la guerra per 2 secoli?) ma con il razionalismo e l’illuminismo, che sono due costanti del pensiero europeo. Questi sono i nostri valori e sono valori forti, non certo “pensiero debole” o “relativismo”, come i cattolicisti vogliono farli passare. Sono inoltre valori condivisibili da uomini di qualunque credo, che considerino la religione come un fatto privato.
Gli strumenti legislativi per fare rispettare tali valori ci sono gia’, solo che la loro applicazione va contro gli interessi di molta parte della chiesa cattolica…

Germano

Detto proprio di netto: se l’Europa avesse un’anima cristiana saremmo stati tutti uniti per una strategia comune a difesa dalla Jihad. Invece non siamo d’accordo fra di noi, anzi in rivalità. Perciò l’Europa non è cristiana. E’ lapalissiano.

raphael

Aggiungerei a quanto detto da Carlo che non siamo noi a doverci unire al professore cattolico integralista per difendere l’anima (cattolica) della sua civiltà ma è lui a doversi unire a noi a difesa della comune identità europea modernista

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