Caso Welby: l’intervista alla donna che non c’è

[…] Due giorni fa su “La Stampa” è stato pubblicato un pezzo a firma di Flavia Amabile. Indignata per la dichiarazione di Marco Pannella “Gli stacco io la spina”, che è anche il titolo del suo articolo, Amabile costruisce la sua disapprovazione sulle menzogne. Arriva addirittura a descrivere una stanza che non ha mai visto, suggerendo una familiarità inesistente (“l’appartamento è sempre lo stesso”), si spinge fino a riportare il parere di una figlia che non è mai nata e che affermerebbe di non conoscere Pannella e implorerebbe: “non ne possiamo più, lasciateci in pace”. […] Le parole, fin troppo composte, di Mina Welby che non lasciano alcuno spazio al dubbio: “La famiglia Welby non ha concesso interviste a La Stampa, né alla suddetta giornalista, né ad altri. È totalmente infondata la notizia secondo la quale vi sia una figlia, e quindi che la stessa possa parlare a nome mio e di Piergiorgio”. […]

L’intervento di Chiara Lalli è stato pubblicato sul blog Bioetica

La risposta di Flavia Amabile è stata pubblicata anch’essa sul blog Bioetica

7 commenti

Stefano

Il quotidiano andrebbe punito e l’autore del’articolo licenziato. D’altra parte non può accadere che un quotidiano così diffuso riporti notizie inventate, soprattutto su un caso delicato come questo ed al solo scopo di gettare discredito sulla pratica dell’eutanasia e su tutti coloro che vorrebbero praticarla o che fosse comunque praticata.

ignazio

Ho letto la risposta di Flavia Amabile, naturalmente fino a prova contraria va creduta. Tuttavia visto che comunque di errore si tratta (dalla stessa Flavia ammesso) credo sia compito dell’Ordine dei Giornalisti, a cui la stessa Amabile è iscritta, a doversi occupare del caso nei termini previsti dai regolamenti e dal codice deontologico.
Sarebbe auspicabile che le eventuali decisioni di tale Ordine fossero portate a conoscenza dei lettori.

Andrea

Una giornalista che scrive su un quotidiano così importante che non si preoccupa di verificare attentamente se si tratta o meno della stessa famiglia in questione? con tutto il polverone che ha sollevato questo caso? … sarà…

@ignazio

Sono d’accordo, anche se di errore si trattasse andrebbero comunque presi provvedimenti, ma si sà, siamo in Italia…

Alessandro L.

Bah, i giornalisti che scrivono cavolate dovrebbero essere radiati dall’ordine. Almeno così il contenuto di idiozie nei tg e giornali calerebbe notevolmente…

Daniele Gallesio

Quantomeno (e sottolineo _quantomeno_) bisognarebbe riportare la rettifica con PIU’ risalto dell’articolo “errato”.

Con più risalto, e non con lo stesso, perché bisogna minimizzare il numero di lettori occasionali che hanno letto l’articolo errato e non la rettifica.

Quindi almeno per tre giorni consecutivi in prima pagina e sulla locandina andrebbe pubblicato un titolo in rosso che avvisa della rettifica.

Di solito invece in Italia la diffamazione viene sbattuta con titolone in prima pagina, così tutti quelli che vanno in edicola a comprare il biglietto del bus si incuriosiscono, comprano il giornale e leggono la falsità.

Poi la rettifica avviene a pagina “37 e mezzo” in un trafiletto che non leggono manco tutti i lettori abituali…

Emilio Gargiulo

L’ordine dei giornalisti non farà nulla, al massio darà un premio alla giornalista. Bisognerebbe abolire l’ordine dei giornalisti, ed istituire il reato di “diffusione di notizia falsa a mezzo stampa”. I giornalisti dovrebbero essere obbligati a pubblicare solo notizie verificabili, ed in caso di dubbio dovrebbero avere il dovere di non pubblicare, o pubblicare con formula dubitativa.
Più che l’albo dei glirnalisti, dovrebbe chiamarsi l’albo dei fregnacciari.

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