In merito alle polemiche tra cristiani e mussulmani (che in genere non mi interessano affatto essendo io ateo) faccio notare che personalmente trovo molto piu’ offensiva la presenza di simboli religiosi (per esempio il crocifisso) in edifici pubblici, che dovrebbero essere di tutti i cittadini, piuttosto che addosso a singoli individui (per esempio il velo sulla testa o i ciondoli a forma di crocifisso), perche’ in quest’ultimo caso si tratta di una manifestazione puramente individuale di cio’ in cui si crede (che, peraltro, e’ sempre meglio manifestare con le parole e con le azioni, come fanno in genere gli atei).
Firmato: Andrea Ciccioli (lettera pubblicata da Metro il 24 ottobre)
Totalmente d’accordo. Io rispetto chi indossa simboli sacri e non sono affatto disturbato da essi.
RazionalMente – Vivendo oggi in Italia potrei pensarla anché come Lei, perché la problematica venuto a crearsi con la religione musulmana non è in questo paese cosi acuta come in altri paesi europei . Ma in certi comuni francesi o inglesi o belgi, è diventato addiritura pericoloso per una donna, anche europea, se va in giro – anchè di giorno – senza il velo…!
Il burka nn è che mi tranquillizzi tanto… di questi tempi soprattutto!
@ Gérard: capisco il problema. Effettivamente le mie considerazioni si riferivano alla realtà italiana visto che non conosco quelle di altri Paesi. Esistono comunque delle leggi che vanno rispettate. Se un musulmano ammazza la figlia perché non indossa il velo finisce in carcere esattamente come un cristiano, un ebreo o un ateo.
Io temo che le proibizioni possano inasprire una situazione già tesa piuttosto che alleggerirla.
Beh il problema è che la jong si riferiva a tutte le realtà europee.
Generalizzare è sempre sbagliato, non c’è nemmeno bisogno di dirlo.
Totalmente daccordo con RazionalMENTE e con Andrea Ciccioli: se l’Italia si professa essere laica è giusto che nei luoghi pubblici non ci siano simboli religiosi, anche se è molto difficile, specialemente per un paese come il nostro, dove il Vaticano si intromette ovunque; l’Italia è un paese laico e in quanto tale non devono esserci simboli religiosi nei luoghi pubblici, ma se un individuo indossa qualcosa che richiami la sua religione, non vedo dove sia il problema, non offende nessuno ed è una sua libertà, intoccabile. Ovviamente esprimere pure la propria religione ma senza andare in contrasto con le leggi ialiane: indossare il velo sì, ma non coprirsi il volto: non sarebbero facilmente riconoscibili.
Sono d’accordo con Andrea Ciccioli, non potrebbe essere altrimenti.
Per Lacus:
E’ vero che in Italia esiste una legge che impedisce di girare incappucciati, bisognerebbe trovare un modo per far convivere le due cose. A questo punto,quindi, a Carnevale bisognerebbe rafforzare i controlli, per evitare che un terrorista si possa travestire da Wookie e mettere qualche bomba in giro. Tu riesci a distinguere un terrorista quando non è mascherato da Wookie?
Risposta a Fabio Sacco, che “teme” il burka, visti i tempi….
Fino ad oggi di attacchi terroristici da parte di queste persone, in Italia, non ce ne sono stati mentre i morti causati dalla mafia sono stati ben 96 nel 2005 e 76, fino ad ora, nel 2006, come ha giustamente ricordato un noto giornalista ieri (11 nov 2006).
Aggiungo io:
Nel 2004 gli incidenti stradali in Italia hanno determinato 5.625 morti e 316.630 feriti
(conferenza dei ministri dei Trasporti Ue a Verona)
Vogliamo esagerare? Un rapporto dell’OIL (http://www.ilo.org/) sottolinea che 2 milioni e 200 mila persone muoiono ogni anno nel mondo per cause di lavoro.
Su circa 2,2 milioni di morti l’anno, si calcola che “solo” 350.000 siano dovute a infortuni. Tutti gli altri – 1 milione e 700 mila persone – sono vittima di malattie professionali (l’amianto da solo è responsabile di circa 100.000 morti l’anno).
Parliamo di questi morti, non di quelli che non ci sono ma potrebbero esserci.
Ah, dimenticavo, prepariamoci che stanno per fare un attentato. Ovviamente adesso ci avviseranno prima, come al solito. Lo scorso anno, l’avvicinarsi delle festività era l’occasione per ricordarci che potremmo essere uccisi dall’antrace, dal vaiolo, dal gas nervino, e da non mi ricordo cosa.
Cerchiamo di non farci prendere per i fondelli sempre.
Ciao Ciccio
Caro Andrea,
tra tanti consensi che mieti non ti disturberà una voce fuori dal coro: non sono proprio d’accordo con te . Un luogo pubblico è di tutti? sicuro. Chi decide cosa ci sta in un luogo pubblico? (in questo caso l’aula) Se è di tutti una forma di consultazione dei “tutti” sarebbe doverosa. Ma è impossibile chiamare “tutti” (intendendo i cittadini) a raduno. Una buon sistema sarebbe coinvolgere nel dibattito TUTTE le persone che in quell’aula vivono regolarmente la loro esistenza (lo facemmo al Ginnasio 20 anni fa ricordi?), in questo caso i professori e gli studenti.
E qui, arriviamo al punto: quale principio applichiamo per decidere? Una soluzione può essere il principio di maggioranza: ma la maggioranza “cattolica” o “musulmana” o “atea” che deciderebbe se mettere o meno un simbolo religioso in luogo pubblico creerebbe scontento e fastidio (in certi casi) nelle altre minoranze perdenti. Penso che tu possa certamente capire che rimuovere qualsiasi simbolo religioso da un luogo pubblico è una scelta al pari di mantenerlo o aggiungerlo. Crea scontenti e contenti allo stesso modo, e non credo che la scontentezza o il fastidio di un ateo valga più o meno di quella di un credente, a qualsiasi religione appartenga, almeno se riteniamo che la sensibilità su questi temi è importantissima.
Un altra via è quella di accontentare tutti e in questo caso trasformeremmo le aule in musei di icone religiose: una alternativa poco praticabile e sinceramente paradossale.
Conclusione: la tua critica sulla presenza nei locali pubblici di simboli relgiosi poggia sull’implicita assunzione che il tuo fastidio sia più tollerabile, rispettabile e giustificato di quello di un credente di qualsiasi religione. A sua volta tale assunzione si basa sulla premessa che la religione sia un fatto esclusivamente privato (e dopo mi riallaccio a questo tema) mentre è evidente da tutto quello che vediamo intorno e dalle lezioni della storia che c’è una dimensione sociale e collettiva della esperienza religiosa, e che quindi piaccia o non piaccia, non puoi seguendo i tuoi stati d’animo far finta che non ci sia.
Alla fine da premesse diverse tu ed un credente arrivate a conclusioni diverse; riconoscerlo sarebbe un atto di onestà intellettuale, perchè sennò si crea l’impressione che uno abbia ragione ed un altro torto. Come abbiamo visto non è proprio così, sono semplicemente posizioni inconcialibili e legittime entrambe.
Quanto ai simboli religiosi portati sulla propria persona, anche qui conta la famosa dimensione collettiva che ometti (sicuramente in buona fede): indossare abiti o simboli religiosi (come il velo o il Burka) che una collettività può ritenere rappresentativi di una condizione di mancanza di rispetto e di libertà può determinare una critica altrettanto legittima quanto quella che tu muovi a chi vuole il crocefisso. Se questa collettività è larga maggioranza, questo può tradursi in un atteggiamento severo che è altrettanto legittimo quanto il tuo nei confronti dei credenti.
Io sono, a scanso di equivoci, favorevole al massimo livello di libertà personale, ma non ritengo che un ateo abbia più diritti di imporre la sua convinzione non religiosa di quanto ne abbia il cristiano, o il musulmano.
E non credo che un ateo in tempi come questi possa disconescere il ruolo che la religione gioca non solo sulle coscienza degli uomini ma anche sulla formazione delle coscienze e delle convinzioni dei popoli.
Insomma: la libertà di religione non è un sottocapitolo della libertà di opinione, non è la libertà solo degli individui, ma produce una coscienza sociale con cui, spiacenti o meno, è impossibile non confrontarsi.
Saluti dal tuo amico
Federico